Grande successo dei Carmina Burana al teatro Ventidio Basso di Ascoli Piceno

di ALCEO LUCIDI

SAN BENEDETTO – Era atteso l’arrivo dei Carmina Burana al  Ventidio Basso di Ascoli e quello che si è visto non ha deluso le aspettative. Innanzitutto perché dietro ogni evento musicale di spessore del Teatro vi è la saggia ed attenta regia della Fondazione del Coro, presieduta dall’ing. Pietro Di Pietro, che non è solo una persona vicina alla musica per contingenze più o meno esterne, ma egli stesso un attento musicofilo. Poi, perché il “Ventidio”, con la direzione di Giovanni Farina, è cresciuto esponenzialmente ed è oggi un riferimento tra le realtà coreutiche nazionali.

Fortemente voluto dall’A.M.A.T. (l’ente marchigiano di promozione delle attività teatrali) ed inserito nel suo cartellone, in collaborazione con Ascoli Musiche 2017, il concerto dei Carmina Burana ha visto la partecipazione di oltre 200 artisti con l’imponente spiegamento di ben quattro cori (quello del Ventidio, del Conservatorio di Pescara “Luisa D’Annunzio”, dell’Accademia, delle voci bianche “La Corolla” di Ascoli), di 60 orchestrali della filarmonica del D’Annunzio capitanati dal maestro Pasquale Veleno (veramente ottimo e preciso nella conduzione) e di tre solisti (il soprano Vohla Shytsko, il tenore ultraleggero Federico Buttazzo e il baritono di Christian Starinieri).

I Carmina costituiscono un corpus di poemi medievali composti tra l’XI e il XII secolo e tramandati da un importante codice miniato del XIII secolo – il Codex Buranus – proveniente dal monastero bavarese di Benediktbeuern presso Bad Toelz, da cui il nome latino. Furono redatti con tutta probabilità dai clerici vagantes, religiosi dotti che usavano spostarsi per motivi di studio tra le varie università europee e che criticavano dall’interno con arguzia l’istituzione ecclesiastica alla quale appartenevano.

Diversi per tono ed argomenti (si passa dal conviviale al satirico morale, al moralistico sacrale, al sentimentale), questi 228 componimenti furono probabilmente pensati per essere accompagnati dalla musica e destinati al canto (come la maggior parte delle opere letterarie medievali del resto), anche se solo per 47 di essi è stato possibile ricostruire l’andamento melodico (in realtà molto diverso da come lo concepiamo noi).

Se è vero che per questi Carmina non esiste pentagramma ma solo neumi – ossia la classica notazione musicale del Canto Gregoriano utilizzato sin dal IX secolo – non dovette essere facile per il musicista tedesco Karl Orff ritrasporli in una cantata scenica di grande suggestione scenica. Grazie all’aiuto di Michael Hoffmann, studente in legge e latinista, Orff nel 1934 decise di riprendere ben 24 poemi mantenendone tanto la lingua (il latino) quanto lo spirito, dato da autori differenti per carattere, inclinazioni, ideologia. Accomunati tutti, ad ogni modo, da un forte carica sarcastica e derisoria – tra sacro e profano – verso la corruzione dei costumi del tempo e da intenti morali e didascalici, come era in uso nell’Alto Medioevo.

L’impresa di unire l’imponenza dell’orchestrazione con un i ritmi serrati, a tratti sincopati, delle melodie ha trovato dei cori all’altezza del compito che al termine dell’esibizione hanno convinto il pubblico presente in sala. Un altro esperimento perfettamente riuscito per il Ventidio e che verrà ripetuto ad Avezzano, Sulmona e Pescara.

Immagine tratta da Google

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