Lettere al Direttore / Pensare a un Parco della salute per fare ripartire la sanità nel Piceno

Ospedale Marche Sud - La nota dei gruppi consiliari Forza Italia e Alleanza di Destra fermani

di Tonino Armata (presidente onorario ass. Città dei Bambini)

SAN BENEDETTO – Egregio direttore, pensiamo alla Provincia di Ascoli Piceno, alla ormai “cronica” mancanza del piano sanitario e socio-sanitario provinciale. Tuttavia, è fatto notorio che, pur in assenza di un piano sanitario provinciale, sia in atto (volenti o nolenti) una vera e propria riforma sanitaria, che ha visto, tra le altre cose, la chiusura dei cosiddetti piccoli ospedali poi trasformati dal 1 gennaio del 2017 in ospedali di comunità (riconversione ancora per lo più non portata a termine), la chiusura di interi reparti, la nascita delle cure intermedie e connessi posti letto, insomma un cambiamento, talvolta radicale, della assistenza sanitaria, specie di quella territoriale, che ha generato non pochi problemi per noi utenti del servizio sanitario provinciale, soprattutto sull’accesso alle cure.

Ma perché è così importante la pianificazione, specie nell’ambito dei servizi sanitari e socio-sanitari, perché è così importante disporre e quindi operare in forza di un piano sanitario provinciale? Perché è un adempimento normativo: non basta. Per la complessità del sistema sanitario e socio-sanitario: non solo.

La pianificazione è un metodo corretto, efficace e trasparente di procedere nella programmazione e nella organizzazione, anche strategica, del sistema sanitario e socio-sanitario ma al contempo anche strumento privilegiato di monitoraggio e verifica continua dei risultati, consentendo, pertanto, di intervenire in maniera mirata e magari di “cambiare rotta” nel caso i risultati siano contrari alle finalità, meglio agli obiettivi che ci si era prefissi di raggiungere con la pianificazione.

Insomma, la pianificazione è anche e soprattutto strumento di controllo, con il derivato effetto che la mancanza di un piano sanitario regionale rende ancor più difficoltoso e sicuramente meno trasparente comprendere quale sia la “rotta” intrapresa.

A questo punto, pertanto, a quasi 4 anni dall’ultimo piano sanitario regionale, ci si domanda se può ritenersi strategica la non pianificazione. Ci può essere, cioè, una strategia nella decisione di continuare a gestire o meglio a riformare l’assistenza sanitaria provinciale in assenza, a monte, di un piano sanitario?

Come detto, il non disporre di un piano sanitario limita, e non poco, il “controllo diffuso”, nel senso di partecipato anche dal basso, di quello che si sta facendo e soprattutto di dove si sta andando.

Eppure lo strumento della programmazione è importante perché orienta o quanto meno dovrebbe orientare il sistema sanitario verso prestazioni appropriate, di qualità, economicamente sostenibili e comunque sempre rispondenti ai bisogni effettivi di salute delle persone, all’interno, in specie, della cornice dei cosiddetti livelli essenziali di assistenza.

E così, nella mancanza di un piano sanitario provinciale, non ci resta, a noi cittadini della Provincia di Ascoli Piceno, che assistere a tante piccole o grandi modifiche nell’erogazione dei servizi sanitari ovvero subirne le conseguenze, però con ogni derivato diritto di opposizione da parte nostra quando la cessazione di un servizio diventa negazione del diritto alla salute, a ricevere le cure.

I dati del XX rapporto PIT salute del Tribunale per i Diritti del Malato ci dicono che per le persone il servizio sanitario pubblico è e resta la prima scelta, talora obbligatoria, vista l’impossibilità di accedere alla assistenza privata, ma comunque sempre più inaccessibile vuoi per i costi del ticket (super-ticket) per le lunghe liste di attesa, per la mancanza o per la cessazione di servizi, specie di quelli sul territorio.

E se questi sono i risultati quale sarà la strategia che governa ciò? Quella del continuare a decidere e ad agire in assenza di qualsivoglia pianificazione? Non crediamo che questa sia la strada giusta, tenuto conto anche del continuo definanziamento del servizio sanitario nazionale che sta minando, in maniera seria, alla sostenibilità del medesimo.

La strada giusta è e resta quella di garantire il diritto alle cure attraverso anche la costruzione di un piano sanitario provinciale partecipato, frutto cioè del lavoro congiunto e condiviso di tutti, operatori sanitari e cittadini ovviamente compresi: noi ci siamo. La Provincia?

Lo tsunami virale lascerà dietro di sé relitti di fabbriche come di piccole botteghe, e non sarà l’automotive da sola a fornirci credibili prospettive di ripartenza. Pensare il “dopo” per San Benedetto credo voglia dire ripartire dalla sanità. Realizzare il nuovo, moderno ospedale, mettendo gli operatori sanitari nelle condizioni di lavorare in una struttura sicura.

Sia chiaro, per alleggerire la pressione sulle terapie intensive e dare assistenza ai pazienti convalescenti è doveroso prendere in considerazione tutte le alternative, dagli ospedali della Provincia di Ascoli Piceno, ai vari ospedali sparsi per le Marche, anche in vista di un probabile ritorno epidemico a fine estate. Ma questo dramma non deve farci volgere al passato ma costringerci a guardare al futuro. Non vorrei che dietro richieste di riapertura di vecchi ospedali si celi una visione superata, che privilegia il piccolo ospedale vicino a casa. Il Coronavirus diventerebbe pretesto per riportare indietro le lancette dell’orologio.

L’infettivologo Qiu Yunqing, capo della delegazione di medici cinesi giunti in Italia, in un’intervista ha indicato tra i limiti della risposta alla pandemia il fatto che le nostre strutture sono “vecchie”. I nostri ospedali ancora una volta hanno retto, grazie a chi si sacrifica ogni giorno in strutture molto vecchie. Così gli elogi ai nostri ospedali non possono far dimenticare che l’eccellenza sta in chi ci lavora e non in mura che risalgono al secolo scorso.

La sfida è costruire un ospedale, dotato di attrezzature di ultima generazione e dove si fa anche ricerca, cui affiancare una medicina di territorio capillare. Una sfida che ha un nome: PARCO DELLA SALUTE, DELLA SCIENZA E DELL’INNOVAZIONE. Appena possibile si faccia ripartire il dialogo competitivo, si prosegua con le bonifiche e lo si realizzi con tempi “europei”, in modo tale che il nuovo ospedale della Provincia di Ascoli Piceno possano collaborare e competere con l’Human Technopole.

E poi, intorno a quell’infrastruttura, ridisegnare la rete ospedaliera territoriale. Realizzare l’Ospedale Unico, senza perdere altro tempo a discutere sul sito più idoneo, ed evitando che le lodi per l’impegno di medici, infermieri degli ospedali Madonna del Soccorso e ospedale Mazzoni si trasformino nella difesa di strutture obsolete.

Nel frattempo, potenziare l’ospedale Madonna di Soccorso affinché San Benedetto possa contare su una struttura all’altezza con tanto di reparti funzionanti. Insomma, il Covid-19 deve costringere gli amministratori della Provincia di Ascoli Piceno e di Area Vasta 5, a ripensare il futuro partendo dalla salute.

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