
di Alceo Lucidi
SAN BENEDETTO – Il Coro Ventidio Basso di Ascoli Piceno prenderà parte da quest’anno al celebre “Rossini Opera Festival”, in programma dal 10 al 22 agosto a Pesaro . Dopo le importanti prove nella Butterfly e nel Nabucco la compagine ascolana approda ad una manifestazione di grande livello, che gode dell’Alto Patrocinio del Presidente della Repubblica ed è stata inserita dal Parlamento, nel 2012, con legge dello Stato, nel ristretto novero “dei festival musicali ed operistici di assoluto prestigio internazionale”. Ne parliamo con il diretto artistico del coro il maestro Giovanni Farina.
Maestro Farina, il coro del “Ventidio Basso” di Ascoli Piceno che lei dirige ha raggiunto quest’anno un importante traguardo: l’accesso al prestigioso programma del Rof di Pesaro. Come ci si è arrivati?
“La chiamata da parte di Pesaro è stata del tutto inaspettata. Nessuno di noi credeva in un interessamento di questo livello per il nostro coro. Tenga presente che io stesso avevo timore a chiedere di attivare una collaborazione con lo sferisterio di Macerata, datosi che siamo una realtà relativamente giovane anche se cresciuta in fretta. Fortuna ha voluto che durante l’esecuzione della Petite Messe Solennelle di Rossini, prima, e del Nabucco, poi, al Teatro di Fano – che rientra assieme a noi e a Fermo nel circuito lirico delle Marche –, fossero presenti il presidente della Fondazione del Rossini Opera Festival, il dott. Mariotti e l’attuale direttore artistico, il maestro Palacio.
Essendo evidentemente rimasti colpiti dalla nostra performance, a fine gennaio il Rof si è fatto risentire, nella persona del dott. Mariotti. Mariotti era rimasto entusiasta dei due spettacoli, in particolare del Nabucco, insistendo particolarmente sulla visione musicale con la quale avevo approcciato l’opera. La stessa che ci è stato chiesto di riproporre anche al ROF. Le cose sono andate avanti tra lo stupore di tutti e, per farla breve, la direzione artistica pesare ha lasciato ad Ascoli le rappresentazioni più importanti del cartellone di questa nuova edizione, tra cui L’assedio di Corinto con 74 elementi di coro”.
Quali opere metterete di Rossini in scena e quale la loro difficoltà?
“Partiamo dal presupposto che sono tutte egualmente impegnative. La prima, La pietra del paragone, con repliche il 10, 13,16, 19 agosto all’Adriatic Arena, è nello stilo del Barbiere di Siviglia e presenta difficoltà soprattutto da un punto di vista ritmico con fraseggi molto serrati. Tecnicamente Rossini è estremamente esigente, sempre veloce, brillante. A questo si aggiunga la mia lettura – richiamata all’inizio – improntata ad un’interpretazione cameristica e strumentale (quello che in fondo è piaciuto e dal quale non intendo assolutamente discostarmi). La regia sarà del maestro milanese Pier Luigi Pizzi, di fama mondiale, che ci ha abituati a delle messe in scena veramente meravigliose e allo stesso tempo impegnative.
Nell’Assedio di Corinto – monumentale composizione rossiniane di oltre 600 pagine di spartito, delle quali 200 solo per coro – si nascondono molteplici difficoltà, tra le quali – non ultima – l’uso della lingua francese. Inoltre, l’opera richiede un grosso organico, come non è stato mai da noi gestito, data l’imponenza dell’impianto drammaturgico. Anche qui proporrò una lettura molto elegante e precisa della partitura. Inoltre nell’intera composizione interagiscono ben tre cori: quelli, maschili, degli opposti schieramenti militari (l’esercito turco che dà l’assedio a Corinto e quello greco a difesa della città) e l’altro delle donne (8/10 parti in tutto).
Comunque, avremo la fortuna di essere guidati – il 11, 14,17 e 20 agosto sempre all’Adriatic Arena – dal M° Roberto Abbado, attualmente uno dei maggiori direttori d’orchestra al mondo e futuro direttore del Teatro Regio di Parma, con la regia della Fura dels Baus, un gruppo spagnolo molto interessante ed innovativo. Dello Stabat Mater con cui chiuderemo la 37ema edizione del Rof, il 22 agosto al Teatro Comunale di Pesaro – che dire? Altro capolavoro, altro grande impegno che ci attende, per il quale dovremo letteralmente superarci”.
Con quanti effettivi andrete al Rof e quale sarà la composizione delle voci?
“Chiaramente la base di partenza è il Coro del “Ventidio”. Non ho potuto però affidarmi per i 74 componenti unicamente alle risorse locali ed ho dovuto guardarmi anche altrove per trovare delle eccellenze. Ho fatto audizioni in tutta Italia – più di 600 – cercando di prendere giovani promesse che si adattassero al mio modo di fare musica. Ho voluto scommettere sulle giovani leve e sul merito, innanzi tutto, per dare loro modo di esibirsi su un palcoscenico internazionale, e poi per coinvolgerli in una grande sfida da affrontare con tutta l’intraprendenza, la forza, lo slancio che un giovane può avere. Non avevo bisogno di mestieranti ma di gente che avesse voglia di fare e di fare bene, di lavorare sodo. Ci tengo a sottolineare che l’età media del coro che ne è uscito fuori è di 30 anni”.
Il Rof si contraddistingue da sempre, oltre che per la riscoperta del patrimonio rossiniano, per una particolare metodologia di lavoro multidisciplinare: “Musicologia e teatro”. Ci chiarisce quali gli standard qualitativi che una così importante istituzione vi richiede e quali strumenti vi siete dati per affrontarli?
“Noi metteremo in scena con l’Assedio di Corinto – pensi – una partitura che, fino all’edizione di quest’anno del ROF, non era stata ancora pubblicata e, probabilmente, neanche studiata come avrebbe meritato. E’ un evento unico in sé per sé. Non ho quindi riferimenti metodologici, critici ed acustici per affrontare il testo musicale. Ho però dalla mia il grande repertorio di Rossini e l’aiuto imprescindibile del M° Abbado, al quale mi rifaccio costantemente. Inoltre, le indicazioni del musicologo revisore che ha curato il rimaneggiamento della partitura. Per me dunque è un primato. Non ho modelli davanti a me e scelgo io, di volta in volta, di concerto con gli altri attori in campo, abbracciando anche il criterio multidisciplinare a cui accennava, come orientarmi”.
Vi sono degli elementi di collaborazione o di continuità nelle scelte tecniche con il vecchio coro del Teatro Stabile di Bologna al quale siete subentrati?
“Non esistono, anche perché è un coro diverso dal nostro. Cionondimeno, considero il Coro di Bologna uno dei maggiori in Italia dopo Santa Cecilia e La Scala. Veramente molto musicale, ficcante nella lettura delle opere, felice nelle scelte musicali, raffinate e pulite. Anzi, sto ascoltando molto le loro performance in un’ottica di arricchimento della mia formazione culturale, che proviene anche dalla tradizione che il Coro di Bologna esprime”.
Dopo questo importante obiettivo raggiunto – una vetrina veramente internazionale – quali saranno le altre vostre partecipazioni per il biennio 2017/2018?
” Il mio primo obiettivo è rimanere nel ROF anche il prossimo anno. Tra novembre e dicembre prossimi, avremo poi, all’interno del Circuito Lirico Marchigiano, La Bohème sullo stile di Butterfly e Nabucco. Ci attendiamo di ripetere il buon lavoro svolto in passato. Ce la metteremo tutta”.