Fano, al Museo del Palazzo Malatestiano si inaugura la mostra Valerio Volpini. Il prodigio dell’ arte

FANO – Valerio Volpini è stato un intellettuale fanese con un passato da direttore dell’Osservatore Romano, da partigiano, da professore universitario e da consigliere regionale. Dal 20 dicembre una nuova importante mostra è ospitata al Museo del Palazzo Malatestiano di Fano. Dopo Rossini 150, nella Sala Morganti sarà allestita la mostra “Valerio Volpini. Il prodigio dell’arte”. Inaugura mercoledì 19 dicembre alle ore 17.

L’esposizione è dedicata al collezionista marchigiano Valerio Volpini, scomparso nel gennaio del 2000 all’età di 77 anni dopo una vita spesa tra impegni politici, civili e religiosi. La mostra è stata fortemente voluta per rendere omaggio all’importante donazione della collezione archivistico-libraria di Volpini effettuata dalla famiglia al Comune di Fano.

La donazione consta di circa 15.000 volumi, oltre a centinaia di documenti d’archivio, specie inediti materiali epistolari, in cui è rappresentato tutto il secondo Novecento letterario, filosofico e artistico italiano. Con questa generosa donazione, i cittadini e gli studiosi hanno ora a disposizione un tesoro letterario di pezzi unici e l’opportunità di apprezzare in mostra rare incisioni, anche in tiratura unica, liberalmente prestate dalla famiglia, collezionate da Volpini in stretta affinità d’intenti col fare artistico di quegli anni (specie dal dopoguerra in poi).

La significativa selezione di circa 100 opere della mostra a Fano presenta prevalentemente opere di grafica, ma anche serigrafie, xilografie, ceramiche, sculture, pitture e documenti librari ed epistolari. La mostra è ad ingresso libero e sarà visitabile fino al 20 gennaio 2019.

“Il prodigio dell’arte” è la prima mostra che rappresenta il collezionismo di Valerio Volpini. Come guida per la selezione delle opere da esporre si è seguita l’antologia “La luce sui pioppi” che lo stesso Volpini aveva stampato nel 1991, selezionando una parte della sua foltissima collezione di scritti d’arte redatta nel corso di un trentennio.

In quel volume Volpini aveva messo a punto una linea ‘narrativa’ prevalentemente marchigiana, dedicata a trentadue “artisti amici”, per rimarcare il forte legame con la sua terra d’origine. Tutti gli artisti rappresentati in mostra sono stati dunque recensiti e narrati in quelle pagine lucidamente intense, lontane e contemporaneamente attuali.

A cura di Tiziana Mattioli, docente di Letteratura Italiana presso l’Università degli Studi di Urbino e membro del Comitato Scientifico della Fondazione Carlo e Marise Bo, Daniele Salvi, critico di filosofia e letteratura, e Walter Raffaelli, editore d’arte e letteratura, la mostra è promossa dal Comune di Fano – Assessorato Cultura e Turismo e Assessorato alle Biblioteche, in collaborazione con Regione Marche con il patrocinio del Consiglio Regionale – Assemblea Legislativa delle Marche, Università degli Studi di Urbino, Fondazione Carlo e Marise Bo. La segreteria organizzativa, l’allestimento e i servizi sono a cura di Sistema Museo. Partner dell’evento è Lavoro srl. Si ringraziano Marina e Grazia Maria Volpini, figlie di Valerio, per la gentile concessione dei beni esposti.

Tre sono le linee in cui é suddivisa la mostra: artistica, libraria ed archivistica. E sempre tre sono le anime che la caratterizzano: letteraria, artistica e filosofica. In Sala Morganti trovano una rappresentazione più ampia due autori esemplari, con venti opere ciascuno: il marchigiano Luigi Bartolini e il toscano Mino Maccari. A loro si aggiungono altri trenta artisti, marchigiani d’origine o di elezione. Sono stati selezionati, inoltre, volumi rari: prime edizioni, libri con dedica e documenti d’archivio.

Affascinanti gli scambi epistolari di Volpini con grandi intellettuali e artisti del suo tempo, con cui ha intrattenuto ampie corrispondenze: Leonardo Sciascia, Luigi Bartolini, Mario Luzi, Giorgio Morandi, Alberto Burri, Gino Severini, Dino Buzzati, Giuseppe Ungaretti e tanti altri. Le opere esposte testimoniamo, quindi, non solo un vasto e competente collezionismo, ma anche i tanti rapporti intessuti con gli artisti rappresentati, e non solo.

L’esposizione “Valerio Volpini. Il prodigio dell’arte” ha dunque la capacità di soddisfare il gusto generale del visitatore della città di Fano, ma anche l’interesse degli specialisti d’arte e letteratura. Dalle opere di questa collezione emerge, infatti, una dimensione dell’arte e dell’arte grafica italiana che abbraccia quasi interamente il Novecento, in un ambito d’interessi che difficilmente si potrebbe circoscrivere.

La mostra restituisce lo sguardo speciale di un cattolico “sui generis”, di un’epoca e di un patrimonio librario ed archivistico eccezionale. La curatrice Tiziana Mattioli fa precedere la ristampa del volume “La luce sui pioppi”, che accompagna la mostra, con queste parole:

“Nel costruire una selezione delle proprie scritture di critica d’arte, e nel collezionare con febbrile passione, Volpini ha certamente affermato anche la propria appartenenza, la propria marchigianità, con un intendimento niente affatto provinciale e anzi etico, leopardianamente ispirato. Ovvero, proprio come scriveva nell’editoriale de “Il Leopardi”, a stampa col suo primo numero nell’aprile del ’74, qualcosa da intendersi come un “segno di riconoscimento”, come posizione laterale ma “privilegiata”: una “clandestinità aperta e a bassa voce”, e infine una operazione di identità culturale “che non può prescindere dalla pazienza delle idee e cioè dall’intelligenza al servizio della coscienza”. Insomma, un modo di leggere il mondo, e di agire nel mondo, ‘rapportato al sentire geografico’, vibrante di certa solitudine, e dei misteri di una terra ancora in larga parte folta di segreti…

La narrazione per immagini che in questa occasione si è voluta costruire, racconta, tanto quanto raccontano le pagine creative, critiche e giornalistiche d’altra natura, per intero l’uomo Volpini: nelle sue passioni, nelle sue debolezze, nelle sue innegabili illuminazioni e nelle sfide. Vuol essere, di fatto, quasi una nuova indagine: una riapertura di dialogo con un intellettuale che si è riconosciuto nella periferia, ben cosciente che il prezzo di una eventuale marginalità veniva saldato dal privilegio di un punto di vista non omologato né remissivo, e anzi testimoniale. Culturalmente e civilmente testimoniale e engagé

I fogli d’arte, raccontati o esposti in casa, o custoditi nei cassetti, sono per Volpini come libri aperti: da leggere quotidianamente, da sogguardare per raccoglierne eventuali impulsi creativi ovvero storie già perfettamente compiute, col sentimento di una interpretazione etica, oltre che estetica. Perché non c’è dubbio che il discorso di Volpini nasca proprio sotto questi segni, e nella necessità di una rigorosa riflessione morale, di una avventura spirituale”.

 

 

BIOGRAFIA

 

VALERIO VOLPINI (Rosciano di Fano, 29 novembre 1923 – Fano, 11 gennaio 2000).

Prima partigiano, ha poi partecipato alla guerra di liberazione. Si è laureato in Lettere nel 1947 con Carlo Bo: una tesi su Claudel. Titolare di italiano e storia negli Istituti Tecnici, ha svolto per diversi anni corsi di letteratura comparata all’Università di Urbino. Ha raccolto in una cartella fuori commercio, Undici poesie (1947), le sue prime composizioni poetiche di derivazione ermetica.

Un altro volumetto, Barbanera (1949), con prefazione di Carlo Bo, ha praticamente segnato la conclusione di quella sua esperienza. Da quel momento si è dedicato a un’intensa attività pubblicistica, con articoli di critica letteraria e di costume, su varie riviste: “Comunità”, “Letteratura”, “Humanitas”, “Studium”, “La Fiera letteraria”, “L’Approdo”, e sui quotidiani: “La Gazzetta del Popolo”, “Il Quotidiano”, “L’Italia”, “L’Avvenire d’Italia”, “L’Avvenire”, nonché con interventi e collaborazioni alla RAI e alla TV. Un interesse costante per i fatti espressivi e per i problemi etici e civili dei suoi anni è attestato dai volumi: Violenza anni sessanta (1963), La prudente ipocrisia (1973), Sporchi cattolici (1976), Cloro al clero (1978), Quasi pellegrinaggio in Russia (1978), Tanto per dire (1998), nei quali si avverte il desiderio d’innalzare la cronaca a contributo storico e di costume, nonché il bisogno di una concreta chiarezza spirituale.

Sul versante più specifico delle letture, del lavoro di sistemazione e di ricerca, contano specialmente l’Antologia poetica della Resistenza italiana (1955), preparata in collaborazione con E. F. Accrocca, il volume Prosa e narrativa dei contemporanei (1957), la raccolta di saggi Pareri letterari e altro (1973), opere in cui Volpini si mostra più sensibile a parametri ideologici o di contenuto che ad ascendenze estetiche e formali. Ma è dinnanzi all’opera letteraria che la sua interpretazione diventa più vigile e personale, e il suo impegno, di ispirazione religiosa, si rafforza. Lo attestano i lavori: Antologia della poesia religiosa italiana contemporanea (1952), Prosatori cattolici (1957), La preghiera nella poesia italiana (1969) e la scelta delle pagine politiche di Georges Bernanos: Un uomo solo (1963), uno scrittore cattolico a Volpini particolarmente congeniale. In ambito strettamente saggistico va ricordato il suo lavoro su Carlo Betocchi (1973), e la particolare coniugazione di interessi critici e scrittura creativa nei volumi: Fotoricordo e pagine marchigiane (1973) e La luce sui pioppi (1991).

Quanto a impegno politico e civile, Volpini è stato consigliere della Regione Marche dal ’70 al ’75, e quasi contemporaneamente direttore de “Il Leopardi” (1974-76). Quindi, acquisita la cittadinanza vaticana, direttore de “L’Osservatore romano” (gennaio 1978 – settembre 1984). Dal 1985 ha iniziato la sua collaborazione a “Famiglia cristiana”, “Jesus”, “Letture”, “L’eco di San Gabriele”.

 

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