
di ALCEO LUCIDI
SAN BENEDETTO – Mettete un week-end a quattro, un’apparente storia di infedeltà coniugale, tra una coppia sposata da oltre vent’anni, un’amante (di lei) e una bella, seducente, segretaria (di lui). Mettete una commedia, nel migliore stile vaudeville, ricca di colpi di scena e fraintendimenti, dove la comicità suscita sarcasmo ed il sarcasmo porta inevitabilmente a quello che i francesi chiamano il rire jaune (ovvero il riso amaro), la riflessione col ghigno su temi di fondo, intelligentemente suggeriti. Avrete per risultato L’anatra all’Arancia: una commedia cult degli anni Settanta.
Il testo brillantemente ritradotto e trasposto da Luca Barbareschi, che interpreta il personaggio principale, fu scritto, con il titolo originario di The secretary bird, dallo scrittore scozzese William Douglas Home. Riproposto in Francia dall’autore teatrale Marc Gilbert Sauvajon, conobbe sin da subito in Italia un grande successo grazie alla storica edizione del 1973, diretta ed interpretata da Alberto Lionello, e alla trasposizione cinematografica con Ugo Tognazzi e Monica Vitti per la regia di Luciano Salce.
Prodotto dal Teatro Eliseo di Roma, il nuovo allestimento vede ora la partecipazione – oltre del già ricordato Barbareschi, nel ruolo di Gilberto Ferrari, istrionico, arguto, giganteggiante, che occupa, quasi dal primo all’ultimo momento, la scena di questa pièce dai dialoghi incalzanti, mai banali o privi di raffinatezza ad ogni modo – di Chiara Noschese, misurata, perfettamente calata nel ruolo, nella parte di Lisa, che si innamora del principe russo Volodia Smirnov, solo apparentemente più nobile d’animo e romantico di Gilberto, reso con compassata verve ironica, tra l’impacciato ed il buffonesco, da un ottimo Gianluca Gobbi, di Ernesto Mahieux che, con consumata arte scenica, crea un personaggio a-parte, straniato, napoletaneggiante, divertito e divertente, il grillo parlante o la coscienza morale della commedia, che guarda tutti con aria compiaciuta e di Margherita Laterza, alias Chanel Pizziconi, la scanzonata, a tratti maliziosa, segretaria di Gilberto.
Nel gioco delle parti, con un marito deluso, ma non per questo disilluso, che organizza ad arte un ritrovo casalingo all’insegna di un ménage à quatre condito da buon umore (di nuove e vecchie infedeltà?, di ricomposizione del tessuto di rapporti umani e coniugali provati?, di riabilitazione psicologica dei simpatici e gustosi personaggi?), in cui troneggia un’anatra all’arancia – in qualche modo simbolo di ospitalità e concordia -, con la donna della sua vita che capisce di perdere nell’abbandono al tradimento un mondo di affetti, costruiti faticosamente, con un amante sempre più deludente, in realtà poco preoccupato dei reali sentimenti di Lisa, ed una segretaria fatua e pungente al tempo stesso, l’happy ending, attraverso una ben articolata macchina drammaturgica di disvelamento, indica come al fondo tutte le relazioni possano essere recuperate, anche nei modi più originali, a patto di volere risolvere le questioni e di puntare tutta la posta sulla difesa dei propri affetti. “Noi due non sarà perfetto, lo sai, ma sarà noi due” è l’ultima battuta di Gilberto a Lisa.
Con la rappresentazione di martedì sera, al Teatro Concordia, la stagione di prosa sambenedettese (particolarmente interessante e consultabile sul sito del comune di San Benedetto o su quello dell’Amat Marche) si arricchisce di un altro importante tassello, considerando anche il fatto – come sottolineato dall’assessore alla cultura Annalisa Ruggieri – “che è intenzione dell’attuale amministrazione creare maggiori occasioni di fruibilità degli eventi teatrali attraverso incontri mirati con gli attori od altre occasioni di sensibilizzazione”.
A tal proposito si è tenuto un incontro con Luca Barbereschi a Palazzo Bice Picentini, prima dello spettacolo, alle ore 18.30, in cui l’attore-regista ha reso ulteriormente merito ad una commedia che, nelle sue parole, costituisce «una macchina perfetta, di dialoghi d’autore, in cui si scandaglia l’animo umano e le complesse dinamiche di coppia» mossa da «l’incomprensione e l’egoismo, non la gelosia». Ed ancora: «la comicità è una medicina meravigliosa. Questa commedia ha una profondità ed un’intelligenza straordinarie; (…) ha una struttura molto divertente, che aiuta a veicolare concetti profondi con una risata. Ho riadattato la scrittura usando le grandi scienze, la psicologia, l’antropologia, studiando atteggiamenti, movimenti e nevrosi che caratterizzano le nostra abitudini».