Il teatro ai tempi del coronavirus, ne parliamo con l’attrice Cristiana Castelli

di Martina Oddi

SAN BENEDETTO – Coronavirus ed economia: quale futuro per la cultura e il teatro? Ne parliamo con l’attrice Cristiana Castelli.

Questa epidemia con l’emergenza che ha generato è stata difficile da gestire per gli operatori culturali?

“Questa epidemia e l’emergenza che ha generato hanno creato delle grosse difficoltà a tutti gli operatori culturali. Alcuni sono rimasti in silenzio, come attoniti, bloccati… artisti, attori, musicisti che normalmente postavano dei video si sono arrestati, come se fossero stati colpiti violentemente da questa situazione.

Anche io inizialmente … ma poi un po’ per carattere, un po’ per cultura e il mio modo di essere per cui cerco di trovare il lato positivo in ogni situazione, mi sono reinventata. Non solo per motivi miei personali ma anche per motivi strettamente economici, mi sono reinventata.

Ho cercato di proporre delle attività online, che svolgevo normalmente prima alla scuola di musica per il Cotton Club, come i miei spettacoli, i miei laboratori, le mie letture a voce alta, i miei gruppi di lettura”.

Lei come si è reinventata e quali progetti ha lanciato o adattato alle nuove esigenze?

“Ho attivato corsi online di dizione sia di gruppo che per singoli, e sta andando molto bene, perché c’è stato una sorta di risveglio. Nel senso che alcune persone, che normalmente erano prese da atri impegni e avrebbero voluto fare dizione, in questa situazione si sono attivate.

Sia perché avevano più tempo a disposizione, sia perché il mezzo tecnologico è vero che blocca determinante cose, ma altre le rende più facili: come  vedersi quando si vuole. Io faccio letture la mattina o la sera quando chi mi segue può connettersi comodamente da casa.

Faccio letture a voce alta per bambini: molti di loro, in pochi ci pensano, in questa segregazione devono festeggiare il compleanno da soli. E il fatto di leggere una storia in gruppo con altri bambini connessi, seppur online, attenua questo senso di solitudine e di segregazione.

Faccio dei monologhi online, e poiché di solito mi occupo di teatro a domicilio, mi sono creata un piccolo teatrino a casa mia e faccio teatro nel mio domicilio, registrando video o con dirette FaceBook o YouTube in cui propongo piccoli monologhi comici/brillanti. Soprattutto perché sia io sia, chi mi ascolta in questa situazione penso abbiamo bisogno di sorridere un po’.

Il pubblico apprezza questo suo sforzo?

“È una situazione molto particolare, le reazioni sono diverse e varie. C’è chi preferirebbe il silenzio. E c’è chi apprezza chi ha la voglia di andare avanti e reinventarsi. Chi era interessato al teatro prima lo è ancora di più adesso, ha ancora più fame di emozioni. Chi amava la cultura prima la ama anche di più adesso”.

Come prevede cambierà il rapporto con la cultura nel post Covid19?

“Non lo so. Ho paura e speranza insieme. Sarà dura per noi operatori riprenderci. Ma io ho la speranza che questa situazione risvegli le coscienze sopite. E spero in un nuovo rinascimento, in cui l’arte, la cultura e la bellezza abbiano il giusto risalto.

C’è un bellissimo articolo di un giornalista che scriveva che noi artisti siamo inutili: questa pandemia ha dimostrato che tanto inutili non siamo”.

Quali sono le priorità da far valere per rilanciare il teatro?

“Ho sempre creduto che tutti i tipi di arte debbano essere gratuite e disponibili per tutti, e che sia lo stato a doversene occupare e mantenere gli artisti. Non solo attraverso i bandi in cui prevalgono le grandi produzioni, che spesso sono preclusi ai piccoli artisti indipendenti.

L’arte e la cultura devono essere gratuite e offerte dallo stato, più illuminato e attento non solo alle esigenze imminenti dei cittadini, ma anche a quelle che fanno bene allo spirito. L’arte deve essere gratuita”

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