Io e lo straniero / Flussi migratori: governare il fenomeno è scelta senza alternative, intervista a Foad Aodi

di Martina Oddi
L’orizzonte di tolleranza zero e l’inasprimento delle politiche  sugli immigrati nelle comunità di accoglienza – con leggi discriminatorie e l’erezione di muri per impedire il passaggio dei profughi – preoccupano per le implicite conseguenze di fronte allo spettro della chiusura dei confini europei.
L’Italia da terra di approdo sicuro e rifugio dalla guerra e dalla fame, ma anche come e soprattutto come snodo per raggiungere gli Stati europei dove spesso i migranti sono diretti, è diventata terra di morte in cui gli immigrati vengono lasciati morire in mare seguendo le velleità populiste di un Ministro dell’Interno smentito nella sua ottica miope anche dalla magistratura italiana, oltre che dalla storia che insegna: i flussi migratori ci sono sempre stati e vanno governati, non respinti brutalmente.

Una coscienza civile consapevole che ruoti intorno a una morale internazionale basata sui diritti e i doveri, un approccio orientato al rispetto reciproco, al dialogo, alla cooperazione, alle contaminazioni positive può essere l’alternativa a un futuro di odio interreligioso, di conflitti etnici e uno stato di guerriglia continuamente alimentato dagli uomini del terrore negli scenari di conflitto internazionali.

Migranti, in fuga da guerre e fame alla ricerca di una salvezza ostacolata da chi fomenta l’odio e il risentimento sociale contro gli esuli disperati, mentre le politiche europee si tingono di tinte fosche e violente e cozzano contro i numeri di una crisi umanitaria spaventosa e senza precedenti nella storia, dal Secondo Dopoguerra: ne parliamo con Foad Aodi, presidente della Co-mai (comunità araba in Italia) e della’Amsi (associazione medici stranieri in Italia).

Quale ruolo devono svolgere l’ONU e la comunità europea oggi che più che mai urge una politica rappresentativa di una morale internazionale intorno cui ruota la pianificazione dello sviluppo del pianeta?

“Sicuramente noi col nostro impegno dal 2000 con l’Amsi promuoviamo “La buona immigrazione”, basata sui diritti e i doveri, sul diritto alla salute e sulla solidarietà. E promuoviamo il progetto anche in cooperazione con l’Unione europea affinché si realizzi una normativa europea sul tema dell’immigrazione. Con i disastri della Primavera araba sicuramente è aumentato l’arrivo in Europa, Libia e Italia dei migranti, ma non è il problema principale della agenda politica, che deve mettere al primo posto la risoluzione dei conflitti e le loro cause, ridurre le partenze e le violenze collegate a questa immigrazione forzata
Bisogna mettere in cantiere una politica che proceda su due binari, quello dell’ accoglienza e quello della sicurezza di tutti. Per questo motivo urge una legge europea sulla immigrazione e poi dei diritti e dei doveri. Abbiamo finora sentito solo promesse e proposte discriminatorie dall’odore razzista ma purtroppo nulla ancora è stato fatto dal punto di vista dell’immigrazione, né per l’accoglienza, né per i rimpatri né sul piano politico per risolvere i conflitti”.
Quali strategie di lungo periodo possono essere messe in campo per affrontare le emorragie di profughi che fuggono per salvare la propria vita e quella dei loro cari? “Bisogna anche prendere in considerazione i numeri, per quanto riguarda rifugiati e migranti in cammino verso il viaggio della speranza, chi è partito al 90% ha intenzione di tornare, ai confini della Giordania, del Libano e e della Turchia tra i tanti che arrivano in Europa. È fallita la politica dell’accoglienza perché è prevalso l’egoismo dei paesi europei. Vediamo in Libia un conflitto tra la leadership europea e la leadership araba che non trovano un punto di dialogo. Le principali vittime sono donne e bambini schiacciate da guerre di interessi economici e non altro”.

Cosa può e deve fare l’Italia  per assumere un atteggiamento di tolleranza e politiche di integrazione reali, per instaurare una convivenza pacifica al di là della demagogia del rifiuto e della colpevolizzazione?

“Noi per la questione immigrazione in Italia abbiamo sempre detto che è un fenomeno recente, non prolungato da tanti anni come in Germania, Francia e Belgio. Occorre mettere in agenda una politica di due binari, dell’accoglienza e della sicurezza e non enfatizzare il problema con slogan razzisti. Sappiamo che il problema in Italia sono il lavoro, la sicurezza, la scuola, le minacce ai medici e ai professori, la disoccupazione giovanile, la fuga dei cervelli.
Queste sono le questioni che il governo deve risolvere e non distrarre gli italiani con la demagogia sulle navi di profughi con venti disperati a bordo. Nell’immigrazione negli ultimi tre anni i risultati non si vedono, per una politica di alimentazione della paura del diverso dovuta a una informazione esasperante sui migranti che stimola odio, che parla alla pancia degli italiani.

Noi siamo però fiduciosi nell’intelligenza degli italiani che faranno distinzione tra gli slogan che inneggiano all’odio e l’umanità e la solidarietà”.

L’opinione pubblica viene fomentata contro gli immigrati: oggi in Italia è negativamente disposta verso i migranti? Come si può generare un’invenzione di tendenza nella percezione comune?

“Oggi c’è un filo comune che causa l’indebolimento dell’ONU, della comunità europea e della lega araba: nell’ambito della leadership dei paesi forti è prevalso l’egoismo dei problemi interni, paesi in cui è in auge l’estrema destra; non c’è più un gioco di squadra. Anche la lega araba come l’ONU è divisa in tre schieramenti, uno contro l’altro e il terzo che sta a guardare, immobile.
A pagare sono le vittime e si inaspriscono gli ostacoli alla buona convivenza. Servono delle leadership forti, con un’ONU forte, una comunità europea e una leg araba forti, e con gli USA e la Russia che non facciano un gioco di rimessa in cui appoggiano a giorni alterni questo o quel paese”.
Come la cultura del diverso e della sua valorizzazione può spezzare le brame tentacolari della diffidenza e del sospetto?
“La nostra proposta è quella del progetto di una buona immigrazione di diritti e doveri, in cui i migranti devono rispettare la legge del paese ospitante: no a politiche di odio e razzismo, no alla informazione corrotta e esasperata contro i migranti, no a proposte di leggi discriminanti. Si al dialogo: occorrono accordi bilaterali per fermare il disastro, combattendo le partenze clandestine che portano le violenze alle donne e ai bambini, il mercato degli esseri umani, il reclutamento di minori nei conflitti: quello libico già conta 600 morti e 3.500 feriti.
E poi la politica della buona sanità: gli immigrati non portano malattie ma si ammalano qui, dopo il lungo viaggio della speranza, si ammalano qui per vari motivi di lavoro, di condizioni precarie delle case e devono essere informati su dove possono curarsi (senza ricorrere ai medici spia che aveva proposto qualcuno, proposta rimandata al mittente dai medici). La pace e la prosperità del Mediterraneo sono importanti soprattutto per l’Italia: ci sono conflitti dimenticati, come quello dello Yemen dove ci sono bimbi in fin di vita, donne che non riescono a portare a termine le gravidanze per il grande problema della malnutrizione e delle epidemie.
Dalla primavera araba infatti si sono formati una miriade di conflitti, esplosi o in nuce, e rimane irrisolto il problema della questione palestinese, madre di tutti i conflitti. Solo la Tunisia e l’Egitto sembrano essere usciti indenni dalle proteste e dai capovolgimenti di regime, così non è per la Libia schiacciata da interessi economici, la Siria, lo Yemen, in cui c’è una emergenza umanitaria e sanitaria forte.
Stiamo pagando un prezzo molto alto perché la politica ha fallito, ci sono conflitti che aspettano una soluzione per evitare il fallimento della primavera araba: tutti disastri che certificano il fallimento della politica internazionale in cui è prevalso l’egoismo dei singoli e non l’altruismo del gioco di squadra. C’è solo una persona che non si stanca di lanciare il suo grido di allarme e per questo lo ringraziamo: Papa Francesco”.
Come vive la comunità musulmana questa situazione?

“Oggi ringraziamo il presidente Conte con Di Maio per aver dimostrato ancora una volta di credere in soluzioni di solidarietà facendo scendere ieri i migranti dalla nave Sera Watch, non si può più credere a chi ostenta la questione come se fosse il problema principale della politica italiana fomentando l’odio. Noi crediamo che bisogna enfatizzare nell’informazione ciò che è stato fatto per il dialogo, la cooperazione internazionale, la convivenza pacifica, per bilanciare l’informazione dell’odio destinata a far fallire l’integrazione.

È’ giunto il tempo della fratellanza degli uomini, contro gli egoismi razziali e le strumentalizzazioni di politici senza scrupoli: la nuova Chiesa di Papa Francesco, il ministro di Dio che porta la cultura del fare tipica dell’apostolato sudamericano, ne è testimone e protagonista. Ma è l’opinione pubblica che può fare la differenza, assumendo un atteggiamento consapevole orientato alla cristiana e laica accettazione del diverso e alimentando la politica dell’accoglienza pacifica e pianificata e della pace sociale.

In quest’ottica una informazione consapevole e pulita, scevra da condizionamenti di politicanti e libera dai fomentatori di odio, può essere la via verso una nuova coscienza sociale che ricalchi le orme di un popolo, quello italiano, che ha vissuto il dramma dell’immigrazione sulla sua pelle”.

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