Io e lo straniero/ Per un’Europa unita e solidale occorre una consapevolezza nuova

di Martina Oddi

La nostra idea di Europa è nel migliore dei casi quella di una unione voluta da un manipolo di politici ispirati e sostenuta da una congiuntura economicamente e socialmente favorevole sulle prime, poi ostracizzata dai vari problemi, a cominciare dalla debolezza dell’euro fino alle politiche mai rispettate della ripartizione dei migranti in base alle quote stabilite.

E fino a dichiarazioni pesantemente sovversive verso quella Unione che non è mai stata realmente percepita come un vantaggio, nonostante l’insindacabilmente libera circolazione di persone e merci all’interno dei suoi confini.

Serve una consapevolezza nuova della portata integrativa e compensativa dell’UE per i paesi che ne fanno parte, che se lavorassero a una seria politica di complementarietà sarebbero la federazione (anche se il termine è improprio) più antica, grande per numero di abitanti e km quadrati, e ricca in termini di potenziale di molte altre. Sicuramente molto più rappresentativa di quanto lo sarebbero i suoi stati presi singolarmente.

La comunità Europa deve però rinsaldarsi sulle basi della complicità e della solidarietà, costruendo su fondamenta nuove il suo futuro: prima di tutto mettendosi al tavolo delle trattative per tutelare e far tutelare anche dalle altre grandi super potenze gli Stati membri e trovare soluzioni per i due grandi problemi del millennio: la sostenibilità ambientale e i flussi migratori. Garantire infatti uno sviluppo che prescinda da questi due temi è mission impossibile e significherebbe ipotecare il domani di chi verrà.

La comunità araba in Italia, guidata da Foad Aodi, prevede e auspica una grande affluenza al voto, per “costruire insieme una unione solidale e forte, capace di trovare risposte alle nuove sfide”. L’appello – rivolto alla comunità mussulmana, a quella laica, agli stranieri che vivono qui e agli europei – è di “superare la barriera dei muri e delle divisioni basata sul sospetto e il pregiudizio e strumentalizzata da politici senza scrupoli e giornalisti in cerca di audience, che invece seminano odio. Occorre costruire ponti di dialogo”, basare la convivenza pacifica su valori comuni e universalmente riconosciuti, come i diritti umani e la loro tutela.

Il rifiuto e il principio della paura del diverso, non coltivata con la cultura della solidarietà, ma alimentata dalle politiche dell’odio, deve essere stigmatizzato come un atteggiamento da politicanti della prima ora in cerca di un consenso facile, basato non sulle priorità dei paesi, come il lavoro e la ripresa economica, ma su stereotipi di populismo egoista e dall’orizzonte asfittico e limitato.

Così come la tutela del patrimonio territoriale e dell’ambiente sono essenziali per avere un futuro sul pianeta, così la gestione dei grandi flussi migratori deve passare attraverso l’intervento diplomatico per la composizione dei conflitti generati dalla primavera araba – foriera di più di 1.000.000 di morti dal 2010 in Egitto, Tunisia, Siria, Yemen, Libia, di cui il 40% donne e bambini – ma non solo.

Andare a investire in Africa come ha già fatto la Cina, portare sviluppo e nuove tecnologie; alimentare il circolo vizioso di una buona immigrazione fondata anche sulle esigenze e le capacità recettive reali degli Stati, e basata su diritti e doveri; fornire una rete sociale di protezione alle categorie svantaggiate intessendo anche le trame di una società integrata grazie dialogo e fondata sul lavoro come diritto, non può che portare inevitabilmente a una nuova cultura sociale, che renderebbe l’Unione più forte, unita e responsabile.

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