Lettere al Direttore / Conto alla rovescia

di Tonino Armata

SAN BENEDETTO – Caro direttore, eccoci qui, siamo arrivati alla fine di questo 2020. È stato un anno complesso, in cui abbiamo riscoperto e compreso il potere della corretta informazione, dei libri e delle storie di approfondimento. Il 2020 è stato un anno difficile per tutti e che speriamo di metterlo dietro le spalle il prima possibile.

Ho rivisto il file che riassume tutto il nostro lavoro di informazione che abbiamo fatto in questo strano anno e personalmente sono soddisfatto. Spero lo sia anche tu nella veste di direttore responsabile.

Quando tutto questo sarà finito, ci vorrà anche un serio studio psicologico sul fenomeno dei veglioni di capodanno: già dai tempi del primo Fantozzi di gran lunga la serata più triste e malinconica di tutte, neanche quest’anno che le regole anticovid fornirebbero una validissima causa di forza maggiore per restare a casa a guardare la tv l’italiano sa rinunciare al supplizio della mezzanotte in comitiva.

A Teramo, otto minorenni sono stati beccati mentre preparavano la casa vuota del padre di uno di loro per la notte del 31. E se tutto sommato si possono pure capire le pulsioni degli adolescenti per i quali l’ultimo dell’anno non è una notte come le altre. Destano sconcerto le segnalazioni di appartamenti, ville e agriturismi che si dichiarano pronti a ospitare decine di persone a prezzi proibitivi in barba a qualunque prudenza o buon senso.

Certo che il 2020 vogliamo lasciarcelo tutti alle spalle, ma il conto alla rovescia da fare sarebbe un altro. Quando il 90 per cento della popolazione sarà immunizzato, il virus smetterà di circolare. Ora che possiamo contare il numero dei vaccinati, sappiamo qual è la cifra alla quale puntare nel più breve tempo possibile.

E allora sì sarebbe bello se, come nell’esilarante e grottesca farsa raccontata da Paolo Villaggio, ci fosse anche nella realtà un maestro Canello in grado di portare avanti gli orologi facendo arrivare in fretta l’alba di questo giorno nuovo.

A tutte e tutti gli auguri per un 2021 migliore del 2020. Ma, soprattutto un pensiero affettuoso agli anziani che passeranno da soli la notte dell’ultimo dell’anno e magari hanno passato da soli anche la festa di Natale. La solitudine è uno dei grandi mali del nostro tempo. Il Covid ha purtroppo esasperato questa condizione. E io vorrei che l’abbraccio virtuale più grande fosse per chi non riceverà neanche un abbraccio fisico.

Detto ciò, una considerazione sul fronte della Unione Europea sul Presidente del Consiglio. Fino a ieri al presidente del Consiglio riusciva abbastanza facile rispondere a Renzi, il suo fustigatore. Era diventato quasi un gioco di società: il capo di Italia Viva attaccava e criticava — anche facendo ricorso a ironie come l’acronimo “Ciao” — e da Palazzo Chigi riceveva in cambio sarcasmo e zero attenzione alle sue proposte, giuste o sbagliate che fossero.

La tattica del rinvio o la carota di un mini rimpasto (tutto da definire) sembrava sufficiente a tenere sotto controllo l’irrequieto senatore di Scandicci, nel frattempo irriso quotidianamente da qualche portavoce ufficioso del premier. Certo, Renzi dava voce a malumori e risentimenti presenti anche nel Pd: ma il calcolo non sbagliato di Conte e del suo circolo ristretto era che il partito di Zingaretti al dunque non si sarebbe mai messo in coda al vecchio leader scissionista, non avrebbe ballato al ritmo imposto da un politico ormai accreditato del 2-3 per cento sul piano elettorale.

Adesso però lo scenario è cambiato. Rispondere a Gentiloni, dopo l’intervista a Repubblica, è impresa assai più ardua che gestire il nervosismo di Renzi. Non che ci sia un nesso tra il contro progetto renziano sul Recovery e i rilievi mossi dal Commissario europeo al governo: in modo specifico benché felpato al presidente del Consiglio, sotto forma di “consigli” sui tempi e le procedure. I piani sono diversi, ma proprio per questo il cambio di passo della Commissione europea nei confronti dell’Italia — perché di questo si tratta — è il sintomo di una preoccupazione da prendere molto sul serio.

Naturalmente a Palazzo Chigi possono convincersi che non è successo niente, che Gentiloni parla in termini generali e che l’Europa accetterà tutto quello che gli verrà da Roma, purché ben presentato. Ma sarebbe un eccesso di ottimismo.

Tutto lascia pensare che l’umore dell’Unione nei riguardi del governo Conte sia mutato e non in senso favorevole. Forse incide anche la vicenda di una legge finanziaria che arriva a poche ore dall’esercizio provvisorio e con contenuti discutibili. Di certo non sfugge alla Commissione la tendenza alla spesa assistenziale, cattivo presagio in vista dell’impiego dei fondi europei. Dovrebbe inquietare il presidente del Consiglio anche la soddisfazione del Pd che ha accolto di buon grado l’intervento di Gentiloni, esponente di prestigio del partito fino al giorno in cui è partito per Bruxelles.

Qui l’equazione è semplice: il Pd non può non sapere che il monito del Commissario in realtà è una reprimenda. Se non si sente toccato nelle sue figure al governo (da Gualtieri ad Amendola), vuol dire che è consapevole che l’obiettivo è altrove.

Vale a dire a Palazzo Chigi: è la difficoltà del premier di garantire un sufficiente grado di efficienza nella messa in opera del Recovery a infastidire i partner. Una questione di credibilità, in primo luogo. Si può capire l’esitazione di Conte nel replicare, ma è evidente che la sua solitudine rispetto alla sua stessa maggioranza sta aumentando. E qui non c’entrano i problemi posti da Renzi, se non che il livello europeo della crisi può facilmente intrecciarsi con le questioni interne irrisolte. A cominciare dal tema di chi controlla i servizi di sicurezza.

Il presidente del Consiglio non è privo di armi. Ma dovrebbe essere lui ad avviare un vero chiarimento, che può avvenire solo in Parlamento. Il punto è se oggi egli ha la forza e il coraggio di farlo. Forse solo il capo dello Stato può guidarlo in un senso o nell’altro.

Buon anno a te e a tutta la redazione.

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