Lettere al Direttore / DAD, la sottile linea d’ombra che taglia la scuola in due e penalizza gli stuidenti meno ricchi

di Tonino Armata

SAN BENEDETTO – Egregio direttore, è sparita la scuola media, sono spariti anche anni di scuole superiori. Ce lo raccontano i dati relativi alle prove Invalsi somministrate alla fine dell’anno scolastico 2020-2021, ma relativi all’ultimo biennio, funestato dal Covid e dalla Dad. Sono spariti anche gli studenti, a quanto pare, con punte inquietanti di abbandono scolastico fino al 20% in regioni come Campania e Calabria.

Senza contare poi quegli alunni presenti all’appello su Meet ma in qualche modo comunque assenti, perché disinteressati, sfiduciati, evaporati in una didattica disincarnata e algida. Si tratta di una dispersione scolastica “implicita” che nelle regioni del Mezzogiorno ha raggiunto il 14,8% e che emerge attraverso i loro risultati gravemente insufficienti in italiano e matematica.

In pratica, un numero consistente di studenti con diploma di terza media si troverà ad affrontare le superiori con competenze da quinta elementare, e altrettanti con diploma di maturità in tasca si iscriveranno all’università con una preparazione da terza media.Come se questi due anni di cattive connessioni e microfoni “mutati” non fossero mai esistiti.

La Didattica a distanza ha fatto deflagrare un sistema già in crisi, agendo da detonatore delle differenze. Quella più evidente è di certo tra il Nord e il CentroSud: una sottile linea d’ombra che spezza in due il Paese, lasciando agli ultimi posti le regioni in cui la scuola in presenza è stata ridotta al minimo. Ma c’è di più. Per chi insegna, la classe è un organismo osmotico, che vive di vita propria. Al suo interno si confrontano e amalgamano ragazzi che provengono da contesti spesso disomogenei.

Con la Dad il calderone magico dell’interazione si è infranto. I circoli virtuosi innescati dalla miscellanea tra individui, esperienze, talenti sono andati in blocco. E le differenze ora tagliano in due le singole classi: chi ha avuto alle spalle famiglie economicamente e culturalmente svantaggiate ne ha pagato maggiormente le conseguenze. Il distanziamento sociale si è trasformato ipso facto in distanziamento culturale.

Ora che i risultati Invalsi — seconda e quinta elementare, terza media, terza superiore, per l’Italiano, la Matematica, la lettura e l’ascolto dell’Inglese — si mostrano disastrosi così come i più accorti avevano compreso guardando ai primi studi all’estero, tutti si spingono a chiedere il ritorno degli studenti in presenza.

A settembre. Ma la Dad — le due stagioni di scuola a singhiozzo, le connessioni e le lezioni faticose — sono state l’approdo terminale di una scuola già in grave deficit, il colpo più forte e speriamo non decisivo a un’istruzione maltrattata da tutti, gli stessi che oggi chiedono il rientro subito in classe (Maria Stella Gelmini, ex ministra dell’Istruzione, 8 miliardi di tagli).

Ecco i risultati, in fila, che producono le reazioni. Scuola media, — 7 punti percentuali in Italiano rispetto al 2019. In Terza gli allievi al di sotto del livello minimo di conoscenza e comprensione sono il 39 per cento del totale, cinque punti in più di due stagioni fa. La coorte con risultati in Italiano “molto bassi” quadruplica. In Calabria il 55 per cento dei testati è sotto il livello di adeguatezza minimo.

Nello sviluppo della Matematica è in forte difficoltà il 45 per cento degli studenti di Terza (+5 per cento rispetto all’anno scorso). In Sicilia, Sardegna e Calabria oltre sei alunni su dieci mostrano risultati pesanti nella disciplina scientifica. Il Meridione patisce di una vera e propria disuguaglianza educativa, ma nuovi problemi si scoprono in Liguria e in Toscana.

Le medie superiori, testate proprio tra chi stava per affrontare l’esame di Maturità, fanno comprendere che il ritardo educativo è un allarme “per il futuro del Paese” (parole di Roberto Ricci, lui dg di Invalsi). Sul piano nazionale l’arretramento in Italiano degli attuali maturati è di 10 punti percentuali, in Matematica di 9. Metà studenti diciannovenni del Paese (51 per cento) non raggiunge il livello tre di Matematica: la sufficienza, ecco. Chi non possiede il minimo di competenze, sempre in Italiano, passa dal 35 per cento del 2019 al 44 per cento di oggi.

La quota cresce tra gli studenti socialmente svantaggiati. Le sole buone notizie sono: regge la scuola primaria, tengono le regioni Piemonte e Friuli, la provincia di Trento unica, migliorare. E non peggioriamo troppo in Inglese, ma lì partiamo da livelli davvero bassi. Quarantamila “dispersi impliciti” escono dal ciclo scolastico con una preparazione non spendibile nel mondo del lavoro né all’università: molti si fermano tra il primo e il secondo anno dell’accademia per manifesta inadeguatezza. Patrizio Bianchi, responsabile dell’Istruzione, assicura: «In due anni assumeremo 140.000 docenti». Mentre i suoi sottosegretari — Lega e Cinque Stelle — litigano. 

PROVE INVALSI RISULTATI REGIONE MARCHE 

La pandemia e la dad hanno penalizzato gli studenti di medie e superiori. Alcune regioni registrano risultati superiori alla media nazionale ma le Marche scivolano sulla matematica.

La pandemia e la conseguente didattica a distanza hanno penalizzato gli studenti delle scuole medie e superiori, mentre hanno retto le primarie: è quanto emerge dal Rapporto Invalsi. In particolare, rispetto al 2019, i risultati del 2021 di Italiano e Matematica sono più bassi, mentre quelli di Inglese (sia listening sia reading) sono stabili. Un calo che ha caratterizzato soprattutto le regioni del Mezzogiorno. Ma Emilia-Romagna, Marche e Veneto, nel complesso resistono, confermando i dati degli anni passati, a parte un calo delle Marche di 9 punti percentuali nei risultati di matematica alle superiori.

In Matematica le percentuali di studenti sotto il livello minimo di competenza crescono ancora (Campania 73%, Calabria e Sicilia 70%, Puglia 69%, Sardegna 63%, Abruzzo 61%, Basilicata 59%, Lazio 56%, Umbria 52%, Marche 51%).

Le percentuali di allievi che non raggiungono il traguardo previsto al termine dell’ultimo anno della scuola secondaria di secondo grado (B2 del QCER) divengono molto preoccupanti, se non addirittura drammatiche, sia per Inglese-reading (Campania 68%, Puglia e Calabria 67%, Sicilia 66%, Sardegna 63%, Basilicata e Abruzzo 61%, Umbria 56%, Lazio 55%) e per Inglese-listening (Calabria 82%, Campania 81%, Sicilia 80%, Basilicata 80%, Puglia 78%, Abruzzo 76%, Sardegna 71%, Umbria e Molise 67%, Lazio 65%, Marche 61%, Toscana 59%, Liguria e Piemonte 54%, Emilia-Romagna 53%, Veneto 51%)

Andreas Schleicher, capo del dipartimento Ocse per l’istruzione aggiunge che “la Dad ha funzionato solo per gli studenti più agiati, che avevano miglior accesso alla tecnologia e buon supporto parentale”. I più agiati. I ceti sociali più bassi hanno subito un colpo più duro nei livelli di istruzione superiore: per famiglie poco istruite è ancora possibile seguire i figli e aiutarli nello studio alle elementari, più difficile alle medie e impossibile alle superiori.

Gli studenti nati in famiglie fragili sono stati assai più penalizzati dei loro coetanei nati in famiglie forti: se non è disuguaglianza su base economica questa, allora cosa. La scuola dovrebbe dare a tutti le stesse opportunità e fornire la leva dell’emancipazione, una chiave del famoso ascensore sociale. Vi lascio in dote tutto quel che avete studiato, ci hanno detto i nostri nonni. Non soldi, non imprese, non case ma sapere per costruire. E noi, cosa ne stiamo facendo? 

Detto ciò è tutta colpa della Dad? È per questo che, alla Maturità, metà degli studenti non conosce l’Italiano? Come detto sopra gli ultimi risultati delle prove Invalsi sono catastrofici. E ci restituiscono una fotografia davvero brutta della preparazione dei nostri ragazzi e delle nostre ragazze, soprattutto alle superiori.

E sebbene nell’ultimo anno e mezzo le scuole siano state aperte poco, e abbiano per lo più funzionato grazie alla didattica a distanza, non credo che il problema dell’apprendimento dell’Italiano sia legato solo alle lezioni in presenza. Tanto più che sono anni che maestri, professoresse e genitori si lamentano un po’ ovunque del progressivo declino linguistico dei più giovani.

Sono ormai diventato uno di quei vecchi brontoloni che non fanno altro che rimpiangere il passato? Penso anch’io che ragazze e ragazzi siano svogliati e bamboccioni? In realtà, no. Non è questo il punto. Non penso affatto che i giovani fossero migliori prima. Credo piuttosto che, essendo cambiato il mondo, si dovrebbe cambiare modo di insegnare.

Quando c’è qualcosa capace di appassionarli, i ragazzi si impegnano e riescono benissimo. Basti pensare a tutte le competenze che hanno, e di cui noi adulti, invece, siamo del tutto privi. I più giovani sanno manipolare perfettamente i computer, i tablet e i cellulari, trovando spesso soluzioni fantasiose a problemi di fronte ai quali noi adulti ci blocchiamo e, sussurrando patetici “e ora?”, quasi sempre siamo costretti a chiedere aiuto proprio a loro.

Al tempo stesso, però, le ragazzine e i ragazzini leggono pochissimo. Cioè. Passano ore sui social percorrendo post spesso sgrammaticati e pieni di strafalcioni, ai quali magari rispondono in maniera altrettanto sgrammaticata. Utilizzano “Google traduttore” per capire rapidamente un testo scritto in tedesco o in russo o in francese mentre noi possiamo passarci ore sopra senza capirci nulla.

Ma poi, a forza di non preoccuparsi della resa stilistica della traduzione di Google, trattano anche la propria madre lingua come un semplice strumento da utilizzare – un po’ come l’inglese, che ormai parlano in molti, e poco importa la competenza linguistica, lo stile, l’accento, basta farsi capire ed essere efficaci – senza rendersi conto che la lingua è anche (e forse soprattutto) un’arte: più la si conosce, più ci permette di nominare le mille sfumature del reale, di trovare le parole giuste per spiegare quello che proviamo, di convincere chi la pensa in maniera diversa, di argomentare e di sentirci liberi.

Quand’ero bambino, non leggevo perché a casa non avevamo libri causa la povertà. Ma, da adulto ho scoperto l’importanza dei libri. Libri e libri che divoravo e che mi aprivano mondi sconosciuti, parole che non conoscevo ancora e che, pian piano, mi aiutavano a nominare ciò che mi faceva bene e ciò che, invece, mi feriva. Leggevo, e senza fare alcuno sforzo imparavo a scrivere e a parlare.

Leggevo, e i miei maestri e le mie maestre erano Victor Hugo, Marcel Proust, Stendhal, Herman Hesse, Milan Kundera, Gabriel García Márquez, Cesare Pavese, Primo Levi, Italo Calvino, Isabel Allende, Elsa Morante e altri. Leggevo tutto, pure quando non capivo fino in fondo quello che stavo leggendo, e anche se i romanzi nei quali mi immergevo non c’entravano nulla con la mia vita.

Forse è da qui che dovrebbero ricominciare gli insegnanti: invece di costringere i nostri ragazzi e le nostre ragazze a imparare ciò che talvolta spiegate loro male, dovreste comunicare loro la passione della lettura. La voglia di aprire un libro e dimenticare tutto il resto. Il desidero di impossessarsi delle parole giuste, non tanto per passare in maniera brillante i test Invalsi, ma per avere accesso all’unico strumento che, una volta acquisito, regala la libertà di capirsi e raccontarsi.

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