Lettere al Direttore / Il giorno felice del mio secondo vaccino

di Tonino Armata

SAN BENEDETTO – Gentile direttore, ieri era il giorno del secondo vaccino. Sono arrivato al Palazzetto dello sport, dopo una notte un po’ agitata, in cui ho pensato molto a due cose: l’ago e la trombosi. Posso affermare di essere un uomo sufficientemente colto per rispondere come ha risposto una giovane intervistata qualche giorno fa: basta informarsi un po’ e si capisce che non c’è nessun problema. Quindi la probabilità che ci siano controindicazioni è infinitesimale. Ma se è infinitesimale vuol dire che c’è.

Io per precauzione sono arrivato lì completamente pulito da ogni tipo di farmaco, non ho mangiato nemmeno caramelle; sono arrivato lì con mal di ventre (non ho preso la pillola). Starnutisco dietro la mascherina e mi guardano male, e io vorrei dire: vabbè, non rompete, adesso ci vacciniamo. E soprattutto non conosco l’interno del mio corpo, quindi non ho idea di come possa reagire al vaccino o a qualsiasi altra cosa al mondo.

Infinitesimale vuol dire, come dicono, per far capire a noi colti ma ignoranti cosa significhi questo numero, che è più probabile morire per un incidente in auto, o aereo, o inciampare sbattendo la testa sul marciapiede. Vorrei però chiarire una cosa a questi maghi della statistica, che non mi sembra considerino mai: la trombosi causata dal vaccino, pur con enorme calcolo di improbabilità, si aggiunge alle altre cause di morte, e non le sostituisce.

Dal loro ragionamento sembra che le sostituisca, sembra che si dica da oggi in poi potete scegliere, o morite per trombosi facendo il vaccino o per un incidente automobilistico. E noi, confortati dalle statistiche, adesso staremmo fuori il Palazzetto dello sport più contenti, perché avremmo scelto il vaccino e quindi da domani potremmo prendere la macchina e fiondarci a duecento all’ora in mezzo alle altre macchine perché abbiamo scelto il rischio del vaccino.

Non funziona così: potevamo fino a ieri morire per incidente automobilistico, incidente aereo, inciampando e sbattendo la testa sul marciapiede, e in più adesso per una trombosi causata dal vaccino. Tutte con probabilità più o meno infinitesimali, certo. Ma adesso c’è una probabilità infinitesimale in più.

Eppure il problema non è questo: non ho paura. Non succederà nulla, e nemmeno tornando a casa in macchina con mio figlio succederà nulla. Ma mi infileranno un ago nel braccio, e questa cosa ha un’altissima probabilità di essere fatta, e oltretutto sono andato lì volontariamente a farmelo infilare. E io ho una paura gigantesca degli aghi. Intelligente come sei, mi hanno detto per tutta la vita, e hai paura di un ago? Rispondo sìììììììììììì. 

Il sole va e viene, la gente è accalcata fuori dal Palazzetto dello Sport e può entrare per piccolissimi gruppi. Fuori, sono le 9,30 e io ho la prenotazione dalle 10 alle 11, c’è anche gente che ha prenotato per il pomeriggio. Sono venuti prima, non si sa mai. Adesso fanno confusione.

C’è un carabiniere in pensione, suppongo subito che, come tutte le persone che si ritrovano con un potere improvviso e che durerà per poco tempo, si dà da fare ma in maniera confusionale. Poi ci sono due file, una distante all’altra: a sinistra i volontari di Pfizer e AstraZeneca, dall’altra giovani che hanno la precedenza e gli anziani gli uni accanto agli altri che devono fare la seconda inoculazione. E saranno poco distanziati gli uni dagli altri, anche dentro il Palazzetto dello sport, fino alla inoculazione. 

Quelli con il biglietto verde sono tutti su per giù della stessa età, è un po’ come essere alla visita militare, ma con molti anni in ritardo, quindi più tristemente a una riunione commemorativa dei compagni di classe.Quelli con il biglietto celeste sono tutti giovani studenti, hanno la precedenza poiché devono prepararsi per l’esame di Stato; i quali, si sentono più fichi, più coraggiosi, ci guardano come dei fifoni.

E però, secondo me, fifone è stato uno di loro, il quale, subito dopo l’iniezione è cascato svenuto sul pavimento, creando un parapiglia fra medici e infermieri fin quando non è arrivata l’ambulanza per il trasferimento all’ospedale di San Benedetto del Tronto. Nello stupore di tutti noi presenti, per circa mezzora dentro il Palasport tutto si è fermato.

Quelli con il biglietto quasi rosso, come me sono perlopiù anziani, i quali, purtroppo, senza rispettare l’appuntamento per il secondo vaccino venivamo chiamati lentamente. Ora arriviamo all’accoglienza, e da quel momento cambia tutto. È incredibile quello che succede da quando ti hanno detto di tenete a portata di mano la tessera sanitaria i documenti e il biglietto con il tuo numero.

Da quel momento, dal tavolo di accettazione in poi, tutto è diverso: ogni addetto/a è gentile e accudente, le file AstraZeneca e Pfizer si dividono per sempre, perché gli infermieri chiamano il tuo numero. Non hai il tempo di pensare oddio stanno vaccinando quello davanti a me, non devo guardare, non devo svenire, che un’infermiera ti è accanto, dice lei ha scelto il braccio sinistro ti infila un aghetto e te lo toglie tre secondi dopo, dice vada lì ad aspettare le spiegheranno tutto. E il vaccino l’ho già fatto.

Mi alzo e vado, altri infermieri dicono che posso sedermi e tra un po’ di tempo (circa un’ora) chiamato il mio numero, fatto l’iniezione, ritirato il certificato, sostato 15 minuti posso andarmene.Il secondo vaccino è fatto, sto uscendo dal tunnel di quest’anno e più, e ne usciranno tutti quelli intorno a me, quelli accalcati davanti al Palazzetto dello sport, quelli che stanno arrivando dopo. E così giorno dopo giorno. Uno mi guarda speranzoso e mi dice: com’è? E gli rispondo quello che vorrebbe sentirsi dire: è una cazzata. 

Tutto ciò è una cosa da niente, rispetto alle questioni del mondo e alla gente che sta male sul serio, ma diciamo che non è la fobia giusta da avere in questo momento storico, quando devi vaccinarti per due volte a distanza di settimane o di mesi. E poi, da quando è cominciata la campagna vaccinale, è incompatibile avere la fobia dell’ago e guardare i telegiornali.

Perché i telegiornali tutti i giorni e a tutte le ore, per qualsiasi servizio sul covid, hanno deciso all’unanimità di mostrare il primissimo piano un ago che entra nel braccio e questa è la prova, per loro, che si fanno i vaccini. In realtà fanno vedere anche delle immagini da lontano di un medico che va a fare il vaccino a un signore che ha il braccio nudo, da lontano, con discrezione -anzi di solito cominciano così-.

Ma non si sa perché subito dopo sentono il dovere civile di mostrare il primissimo piano dell’ago che entra nel braccio, sennò è come se la gente pensasse: non mi convincono, da lontano non si vede bene, chissà se glielo fanno veramente il vaccino. Quindi tutti i direttori di tg, dicono agli operatori: mi raccomando fate una ripresa da vicinissimo perché si deve vedere bene l’ago. Se posso dare un suggerimento non richiesto per le nuove nomine Rai, che i direttori dei telegiornali avessero come programma quello di smettere di riprendere da vicinissimo il momento in cui qualcuno fa il vaccino.

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