di Tonino Armata (presidente onorario ass. Città del Bambini)
SAN BENEDETTO: Egregio direttore, il mio rapporto con Spadolini è stato molto strano. Avveniva attraverso le sorelle Fogola titolari della storica libreria Fogola di Ancona. Ecco cosa succedeva. Spadolini quando veniva nelle Marche il punto riferimento era la famosa libreria Fogola di Ancona. Questo era il rito: Spadolini allertava le sorelle Fogola del suo arrivo in libreria, le quali, a sua volta allertavano il sottoscritto, poiché Spadolini essendo un autore della Mondadori, desiderava sapere cosa succedeva alla più importante casa editrice italiana (anche una delle maggiori in Europa).
Si parlava di cultura, libri, editoria, politica, economia. Insomma di tutto un po’. Poi tutti a cena nel migliore ristorante di Ancona; così finiva l’incontro con Spadolini, con le sorelle Fogola contente di aver soddisfatto con sorrisi e tante parole le esigenze dell’illustre personaggio politico-culturale.
Sfogliando i giornali del 7 luglio, nelle pagine della cultura di un quotidiano ho letto: «Una certa idea dell’Italia». Mi sono ricordato che la frase era spesso ripetuta da Spadolini, il quale, la riferiva agli ideali repubblicani. Parole che vennero pronunciate al congresso del partito nel 1981; Spadolini stava per divenire presidente del Consiglio. Il tempo passa e degli uomini restano parole adattate ai tempi nuovi.
Uguale impressione ho avuto leggendo articoli di alcuni intellettuali che ricordavano il partito d’Azione e discutevano di socialismo liberale: si citava Carlo Rosselli, dimenticando Ugo La Malfa che colse il valore di una cultura politica fondata sull’idea di progresso economico, impegno sociale, libertà di pensiero. Mi resta la consapevolezza di aver partecipato con entusiasmo a una fase importante della nostra storia che mi fa sentire ancora ben viva.
Oltre a Spadolini, dobbiamo ricordare il nome di Ugo La Malfa (1903-1979) tra le personalità che hanno fatto la nuova Italia nata nel 1945-1948 insieme a quelli di Parri, De Gasperi, Nenni, Togliatti e un pugno di uomini e donne formatisi nella lotta al nazifascismo e nella stesura della Costituzione repubblicana.
Erano persone che rappresentavano ideologie e culture politiche diverse, rese talvolta addirittura conflittuali dall’atmosfera della “guerra fredda”. I due imperi si contendevano l’Italia collocata su una linea di confine geopolitica: geograficamente in occidente ma con il più grande partito comunista esistente in quella parte del mondo. La Malfa, convinto atlantista, favorevole alla Nato, si guadagnò l’epiteto di “amerikano” come allora si diceva spregiativamente.
Quando si convinse che le condizioni politiche erano mature, a partire dal 1976 con il Pci che arrivò quasi al 35% dei voti, si batté perché quella grande formazione popolare entrasse nell’area di governo in accordo con il disegno di Aldo Moro. Proprio la sua visione “atlantista” gli permise di perorare il disegno della “unità nazionale” presso autorevoli esponenti degli Stati Uniti. Poco dopo però Moro veniva assassinato da una congiura di cui non sapremo mai la vera estensione.
La Malfa combatté soprattutto la deriva amorale di un Paese che con il raggiunto benessere stava rischiando di smarrirsi; sostenne l’intervento dello Stato nell’economia, il rigoroso controllo della spesa pubblica. Morì a 73 anni senza fare in tempo a vedere – forse a mitigare – l’opposta concezione economica di Bettino Craxi, autore dello slogan “La nave va”.
Sicuramente la nave andava, però bruciando le riserve di energie che le generazioni successive, quelle di oggi, avrebbero dovuto pagare. La domanda che affiora ricordando fatti così lontani è se quell’Italia fosse davvero migliore della odierna. È difficile rispondere. Forse lo fu per almeno due aspetti: la statura di quelle personalità, la cultura politica che li muoveva. L’aspetto spaventoso di molti esponenti dell’attuale classe dirigente è il loro evidente vuoto di cultura politica che li rende ora mobili “qual piuma al vento”, ora ciecamente rigidi. Per la chiarezza: penso al rifiuto del Mes.