Lettere al Direttore / La Pasqua se ne è andata ma la Quaresima del virus non sembra finita

di Tonino Armata

SAN BENEDETTO – Egregio direttore, è stata una Pasqua con il “rosso” nell’uovo: per il secondo anno consecutivo, gli italiani trascorrono questi giorni di festa in lockdown, rinunciando ai viaggi tra regione e regione, alle gite fuori porta, persino al primo sole sulle spiagge. Le misure restrittive imposte dal governo dovrebbero essere l’ultimo sacrificio chiesto alla popolazione prima che la campagna di vaccinazione di massa cominci a dare i suoi frutti e ci conduca in sicurezza verso l’estate.

Per raggiungere l’obiettivo, è però necessario che la distribuzione e l’inoculazione delle dosi vadano a regime: il piano del governo prevede che si arrivi a 500 mila iniezioni al giorno entro fine aprile, ma gli ostacoli da superare sono ancora molti, a cominciare dall’approvvigionamento.

La Pasqua se ne è andata, ma la Quaresima del Virus non sembra finita. Anzi, pare che durerà ancora a lungo. Lo dicono i Virologi, i nuovi sacerdoti che vegliano sulla nostra salute. Affiancati dal governo, o meglio: i governi. Stato e Regioni. Ma sono gli stessi italiani a indicare una strada di sacrifici e divieti, obblighi e vincoli. Lo sottolinea il sondaggio di Demos, condotto alcuni giorni fa. Dal quale emerge, anzitutto, come la preoccupazione, o meglio: la paura, suscitata dal contagio abbia raggiunto il livello più elevato dal mese di marzo 2020.

Infatti, coinvolge oltre 9 italiani su 10. Che, nella maggior parte dei casi, si dicono “molto” preoccupati. Non è una sorpresa. Il bollettino quotidiano dei contagi e delle vittime procede senza sosta. E quando rallenta è solo per una pausa. Perché riprende subito. Così, condiziona il nostro sguardo. Delimita il nostro orizzonte. Ci costringe a vivere (in) un “tempo sospeso”. Sospesi anche noi. Senza passato e senza futuro. D’altronde, da un anno a questa parte, c’è un solo argomento. Sui media, nel dibattito pubblico. E in quello privato. Nel discorso politico, nella comunicazione mediatica. E nella vita quotidiana.

La pandemia. Ha reso tutti più insicuri. Ha colpito persone intorno a noi. Vicine a noi. Per questo, l’immagine ricorrente della “guerra” appare impropria. Perché in guerra il nemico ha un volto, un nome. Mentre, oggi, il nemico non ha un volto e neppure un nome. È invisibile, anche se infligge conseguenze fin troppo visibili. Così, l’inquietudine si è dilatata. Se in una prima fase aveva pervaso soprattutto i più anziani, in seguito si è diffusa in tutte le generazioni. In particolare, fra i più giovani. Che, nella scorsa estate ( e successivamente), hanno reagito al clima di emergenza comportandosi, spesso, “come se”… il Covid se ne fosse andato.

Non solo i giovani, peraltro. Perché vivere da reclusi è difficile per tutti. Con la conseguenza che la pandemia è ripartita. Con una seconda ondata, più violenta della prima. Che ha colpito anziani, adulti. E giovani. Oggi si parla di una terza ondata. Ma è difficile percepirne l’impatto. Perché la seconda non sembra essere mai finita. Così il clima d’opinione si è fatto, progressivamente, più freddo. E l’orizzonte più lontano. In particolare, secondo il sondaggio di Demos, è cresciuta la componente sociale che immagina “un futuro senza futuro”.

Quasi una persona su quattro, infatti, pensa che dovremo trascorrere molti anni insieme al virus. Mentre il 56%: almeno un anno. Nel complesso, 8 italiani su 10 si stanno preparando a una lunga “convivenza” (si fa per dire). Così, mostrano una disponibilità molto ampia verso i metodi e gli strumenti di contrasto e di prevenzione. Anzitutto, i vaccini. Che, come sappiamo, non sono in numero sufficiente, rispetto al necessario.

Tuttavia, oggi, la diffidenza e il rifiuto nei loro confronti risultano circoscritti a una quota di popolazione minoritaria, per quanto ancora ampia: circa 2 italiani su 10. È la misura di quanti rifiutano l’idea dell’obbligo vaccinale. La stessa di coloro che lo accettano solo se riferito alle categorie professionali a rischio. Anzitutto, gli operatori sanitari. Di conseguenza, quasi 6 italiani su 10 considerano l’obbligo vaccinale “per tutti” una soluzione efficace.

E circa 8 persone su 10 — le stesse che accettano il vaccino, per sé e/o per figure professionali specifiche — condividono l’utilità del passaporto vaccinale europeo. Un documento che permetterebbe alle persone vaccinate di transitare fra i Paesi europei (e a maggior ragione al loro interno) per lavoro, ma anche per turismo. E per incontrare altre persone.

Il problema che “opprime” la società, in questa fase, infatti, non è solo la minaccia alla salute. Ma alle relazioni personali, alla mobilità sul territorio. Insomma, alla società stessa, che, così, rischia di dissolversi. Perché la DaD è faticosa e complicata, in quanto impedisce il contatto diretto fra docenti e studenti. E fra gli studenti stessi. Ma, proprio per questa ragione, svela il vero problema di questo “tempo sospeso”. La RaD. La Relazione a Distanza. Tradotta — e ridotta — attraverso il digitale e il video. Una vita davanti alla Tv, allo smartphone, al Pc.

Difficile resistere a lungo. Infatti, i tricolori e gli striscioni appesi ai terrazzi e alle finestre, con la scritta “ce la faremo”, si stanno diradando. E si sono scoloriti… Tuttavia, se guardiamo oltre le mura erette dalle paure, si scopre una realtà diversa. Perché, da sempre, gli italiani (ma non solo) si sono mostrati capaci di affrontare le sfide del tempo attraverso la loro capacità di adattarsi. Di trasformare i problemi in opportunità. In stimoli per re-agire. Insieme.

Dopo la pandemia, usciremo provati. Ma più forti. Sicuramente (più) felici di stare insieme. Perché dopo la Quaresima, c’è Pasqua. Per noi, se non “resurrezione”, almeno “ripresa”. Ma, per celebrarla, dobbiamo avere “fiducia”. Una parola che evoca la “fede”, ma chiama in causa la nostra capacità “personale” di agire e inter-agire. Con gli altri.

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