Lettere al Direttore / Si vogliono abolire le classi pollaio? Basterebbe una legge…

di Tonino Armata (presidente onorario associazione Città dei Bambini)

SAN BENEDETTO – Egregio direttore, attendiamo con immarcescibile e religiosa fiducia l’iniziativa di qualche Catone in servizio permanente o, meglio, di alcuni politici spesso indignati e larghi di parole per abrogare in tutto o in parte la legge numero 81 del 2009, “Norme per la riorganizzazione della rete scolastica e il razionale ed efficace utilizzo delle risorse umane della scuola”, voluta e votata dal centrodestra, ministra dell’Istruzione, Mariastella Gelmini.

Là dentro ci sono le norme attraverso le quali si è dato vita alle famigerate classi pollaio. I grandissimi problemi con cui hanno a che fare oggi, causa Covid, presidi e docenti delle scuole di ogni ordine e grado discendono tutti da lì. Li avete sentiti, a destra e a sinistra, esigere la centralità della scuola con una retorica stucchevole e quasi irridente. Sì, perché quella legge papà Salvini, allora 36enne, l’ha votata da deputato, prima di gettarsi nella più accattivante esperienza al Parlamento europeo, nell’estate del 2009.

E gli strilloni di centrosinistra, eterni con il ditino alzato, non si sono mai sognati di cambiarla, nemmeno quando hanno chiamato la loro riforma, Buona scuola. Nemmeno i Cinque stelle che, dileggiando gli altri, ci hanno impostato le loro populistiche campagne elettorali sull’abolizione delle classi pollaio.

La legge 81 del 2009 concepisce la scuola, oggi tanto centrale, come un luogo dove fare grandi economie. Risparmiare sul futuro dei nostri ragazzi… (trovate qualche retore disposto a dirlo oggi). Non sono solo considerazioni di parte, no. Leggete bene, articolo 16, “disposizioni relative alla formazione delle classi iniziali negli istituti e scuole di istruzione secondaria di secondo grado”, insomma le scuole superiori.

“Le classi del primo anno di corso degli istituti e scuole di istruzione di II grado sono costituite, di norma, con non meno di 27 allievi. A tal fine la previsione del numero delle classi del primo anno di corso in funzione nell’anno scolastico successivo deve essere formulata dividendo per 27 il numero complessivo di alunni iscritti nell’istituto o scuola”.  Avete letto bene, non meno di 27 che diventano 30 con gli eventuali resti della irrinunciabile divisione (ma nella realtà si narra di classi arrivate anche a 40 o 45 alunni). A scendere, tra medie, elementari e materne, le cose cambiano ben poco. Le superiori, allora, erano la ciccia principale su cui intervenire per i celebri tagli lineari sull’Istruzione di 8 miliardi.

Su quali basi i dirigenti scolastici in questa estate del nostro scontento Covid hanno costituito le nuove classi, quelle del distanziamento sociale, delle rime buccali, del metro statico o dinamico, secondo voi? Ma, naturalmente, seguendo la legge vigente. Lo sanno tutti, dalla ministra, alla viceministra, al sottosegretario ai parlamentari del ramo istruzione che da lì non si sfugge. E nei tre mesi di lockdown qualcuno ha detto o scritto qualcosa di diverso, qualcosa che segnasse una decisiva e definitiva discontinuità? Ma, naturalmente, no.

Il premier Conte nel giorno delle linee guida ha rilanciato con investimenti da fare attraverso il Recovery fund, la ministra Azzolina ci ha rassicurati facendo arrivare a 4,5 miliardi i soldi investiti sulla scuola da gennaio. Il premier e la ministra a inveire contro le classi pollaio. Ma le classi restano pollaio, perché ridurne la numerosità significa spendere soldi e se tutto questo si moltiplica per oltre 40mila scuole e relative classi i conti esorbitano e nessuno ci vuole mettere mano.

Servono diversi miliardi (oltre a quelli già spesi) per una scuola normale, davvero formativa, educativa, e qualche decina di migliaia in più di professori, oltre alle 85mila cattedre vacanti. Non si fanno miracoli in ossequio al distanziamento sociale se non si cambia a partire da qui e in conseguenza, se non si trovano davvero, anche con procedure d’urgenza, spazi per dividere le classi, o comunque per consentire che almeno le prime non siano più numerose di venti alunni, tanto da poter entrare nelle strutture preesistenti.

Altrimenti sono solo parole e facile dileggio della ministra (che pure però qualche iniziativa più energica dovrebbe prendere) quando i problemi sono ereditati e rimossi e solo il Covid ha mostrato nella loro eccezionale drammaticità. 

Qualcuno è disposto a fare qualcosa, a prendere un’iniziativa legislativa? La ministra, il Pd, il premier Conte? Ci mettiamo a contare le ore”.

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