Missione Life, la ricerca della felicità è nel senso dell’esistenza

di Martina Oddi

GROTTAMMARE – In scena sabato 1 giugno in un gremito Teatro delle Energie, lo spettacolo Life, saggio di fine corso degli allievi dell’Accademia di Teatro San Benedetto del Tronto, ha destato stupore e meraviglia. Sotto la guida dell’ormai conclamato Eugenio Olivieri – talentuoso regista sambenedettese che vanta un curriculum di grande risonanza – gli allievi hanno dato vita allo spettacolo della Missione per antonomasia, quella della ricerca del senso dell’esistenza.

Un improbabile cinico e sofferente astronauta si confronta nel limbo della terra di mezzo sospeso tra le stelle, tra vita e morte, con quello che crede l’oleogramma della moglie, morta suicida dopo una straziante depressione post parto.
Sarà lei a interpretare la valigia degli oggetti associati ai grandi miti dell’esplorazione – intesa come vocazione profonda – che prendono vita insieme a quei grandi protagonisti per mostrare all’incauto argonauta – partito per una missione senza ritorno perché schiacciato dal peso degli eventi, abbandonando il figlio adolescente a sé stesso – il senso più profondo della vita umana.

Dolore, sofferenza, ma anche brio e frivolezza, perché l’essere vivente in quanto umano sa essere leggero e drammatico nello stesso tempo, come una scena del Grande Lebonsky, puntualmente rievocata sul palco insieme alle altre esperienze ermeneutiche che avevano caratterizzato la vita terrena del protagonista. Ma sarà l’incontro con lo spirito della madre, morta, a dare al viaggiatore dello spazio lo stimolo che mancava per decidere di tornare sulla terra, affrontare la sua vita e dare un senso al suo destino.

Il figlio, caduto in coma dopo una crisi ipocondriaca in un’altalena emotiva con le sventure introspettive del padre, sulla terra viene accudito dalla fedele amica. Sarà destinato a salvarsi nel momento esatto in cui il padre esploratore deciderà di tornare sulla terra insieme a tutti i suoi miti, bagaglio ineludibile di conoscenza.

L’happy end però viene smorzato e relativizzato dalla conclusiva presentazione al pubblico di ciascun attore, che con nome e tono mesto associa se stesso alle paure e ai mali psicologici del nostro tempo. Una riflessione aspra ma nello stesso tempo piena di speranza, in una logica dell’essere che va oltre le debolezze umane e riconduce ogni cosa al suo posto, ogni uomo al suo destino.

 

 

 

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