Racconti di Marca di Antonio De Signoribus: Sant’ Antonio Abate e la sua festa

di Antonio De Signoribus

SAN BENEDETTO – Passata la festa dell’Epifania, ecco quella di Sant’Antonio Abate. Un Santo vissuto in Egitto, tra il 250 e il 356, considerato il patriarca del monachesimo. Una grande testimonianza sulla vita del Santo e del suo insegnamento è contenuta nella “Vita di Sant’Antonio” di Sant’ Atanasio di Alessandria che era stato suo discepolo in gioventù.

“Questa vita di Sant’Antonio, la cui autenticità è ormai indiscussa -sottolinea Alfredo Cattabiani– ha fissato gli aspetti e i caratteri più frequenti della letteratura agiografica monastica, esercitando una grande influenza in Occidente. Sant’ Agostino nelle Confessioni narra come la sua figura, a trent’anni dalla morte, suscitasse vocazioni irresistibili”.

Ecco le radici popolari: “Sant’Andò de la varba vianga, cò li suoni e cò la Vanda“( nel senso che il santo veniva festeggiato con suono di campane e banda musicale). Oppure: “Sand’Andò da la varba vianga/de nee ne porta ‘na zampa”;o “Sand’Andò de la varba vianga/ se non ha sbiangato, sbianga”;così dicono due dei tanti proverbi sul Santo, per ricordarci che la festa di Sant’Antonio Abate, cade nel cuore dell’inverno,ovvero il 17 gennaio,quando la neve non manca mai. Si fa per dire. Era una festa davvero molto sentita nelle Marche,e in parte lo è ancora,specialmente nelle campagne,dove veniva annunciata con molto anticipo con spari di mortaretti.

Ad Ascoli, per esempio, lo scampanio, le preghiere nelle chiese, cominciavano otto giorni prima della ricorrenza del santo. La sera della vigilia, poi, dai monti Sibillini all’Adriatico, era tutta una costellazione di fuochi che i contadini accendevano in suo onore. Per il giorno del Santo poi, si assisteva alla messa solenne nella chiesa del paese stracolma di gente vestita a festa. Sul sagrato della chiesa,terminata la messa,si benedicevano, poi,gli animali e le pagnottelle di Sant’Antonio,che in genere,venivano date anche agli animali per proteggerli dalle malattie.

Una storia popolare diceva che la notte tra il 16 e il 17 gennaio, scendeva in campo addirittura il Santo in persona,che passava in tutte le stalle dove c’erano animali domestici, di cui è protettore, e con loro s’intratteneva per chiedere se i padroni li maltrattassero. Per questo motivo le stalle erano tenute pulite e a tutti gli animali,indistintamente,veniva fatto un trattamento speciale con doppia razione di mangime e di becchime.

E la storia del maialino la conoscete? Dovete sapere che un re chiamò Sant’Antonio,per guarire una regina,in preda al maligno,poiché si diceva,che avesse sconfitto il demonio. Per farla breve,la regina fu guarita subito;mentre avveniva il miracolo,apparve,all’improvviso,una scrofa,che depositò,davanti al Santo,uno dei suoi piccoli,senza occhi e senza zampe. Anche in questa occasione il maialino fu miracolato,tanto che si mise a girare attorno al suo benefattore,che da quel giorno non lo abbandonò più. Nemmeno nelle statue,o nei quadri, o nelle immaginette sacre, dove è sempre presente.

C’era, poi, una usanza particolare. Eccola. Le zitelle desiderose di prendere marito, durante la processione con la statua del Santo, dal cui braccio destro pendeva un campanello, si mettevano bene in vista, dove si snodava la processione, tutte occhi e orecchi, verso il campanello, poiché se avesse suonato, era segno che avrebbero trovato marito entro l’anno. C’è di più. Sant’Antonio è considerato anche il guaritore dello herpes zoster, ovvero il cosiddetto “Fuoco di Sant’Antonio”, grazie al potere dell’eremita sull’inferno e sul fuoco. Gli agiografi cristiani collegano a questa funzione l’usanza di accendere, nella notte che precede la festa, grandi falò, le cui ceneri sono considerate dei veri e propri amuleti.

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