SAN BENEDETTO – Domani, venerdì 11 marzo alle ore 18 presso la biblioteca comunale “Lesca” (ingresso libero), Mirko Zilahy presenta il suo primo romanzo “È così che si uccide”, edito da Longanesi. L’evento è organizzato dall’associazione culturale “Lutteratura” e “UT – rivista d’arte e fatti culturali” con il patrocinio del Comune di San Benedetto del Tronto. Mirko Zilahy, nato a Roma il 1 maggio 1974, ha vissuto nel quartiere di Montesacro fino al 1983 quando si è trasferito a Latina per seguire il lavoro del padre, nefrologo presso l’ospedale Santa Maria Goretti.
Dopo il liceo classico, è tornato a Roma per frequentate l’Università Lingue e Letterature straniere, dove si è laureato, dopo aver gestito un pub, con una tesi su Dracula di Bram Stoker. Si è poi spostato in Irlanda per un dottorato di ricerca sullo scrittore Giorgio Manganelli. Al Trinity College di Dublino ha lavorato insegnando lingua e letteratura italiana. Al ritorno in Italia, ha lavorato per Fazi editore come redattore-aiuto editor della straniera nella casa editrice.
Nel marzo 2014 è uscito nella sua traduzione Il Cardellino di Donna Tartt per Rizzoli (premio Pulitzer). Il mese successivo è diventato editor della narrativa straniera di Minimum Fax. È giornalista pubblicista e collabora con il Manifesto con recensioni letterarie. Oltre alla Tartt ha tradotto autori come Bram Stoker, Roger Boylan, Peter Murphy. È cultore di Letteratura inglese all’Università per Stranieri di Perugia.
“E’ così che si uccide” è un thriller con gli stessi ingredienti che ne hanno già fatto un piatto apprezzato a livello internazionale. Una città oscura, che offre la sua faccia più torva, fatta di acciaio, ruggine e pioggia. Un assassino seriale metodico, imprendibile, di ferocia chirurgica. Un commissario di straordinaria umanità, affiancato da una squadra in cui spiccano donne di grande acume e sensibilità.
Ma questa volta in cucina c’è Mirko Zilahy, letterato e traduttore, studioso di Manganelli e traduttore di Donna Tartt. Ed è qui la sorpresa. Zilahy ha la sapiente capacità di farsi da parte e lasciare che siano i suoi personaggi, tre in particolare il commissario Enrico Mancini, il killer senza nome e la città, Roma, anch’essa un personaggio vivo e palpitante, a fare la storia. Zilahy la racconta con una sorprendente mescolanza di registri, l’alto e il basso, l’action più travolgente accanto al misurato accostamento di lemmi selezionati con cura quasi ossessiva. Così come Enrico Mancini non è un commissario come gli altri – tanto per cominciare, è un commissario che rifiuta i casi che si è addestrato a risolvere – anche Mirko Zilahy non è uno scrittore come gli altri.