San Benedetto, sul palco del Cineteatro San Filippo Neri va in scena Hans detto El Gretel

SAN BENEDETTO – Domenica 16 febbraio alle ore 17, all’interno della Stagione Ragazzi della Stagione Teatrale “Interminati Spazi” del Cineteatro San Filippo Neri, va in scena Hans detto “El Gretel”, una performance in chiave moderna della nota favola di Hansel e Gretel, di Teatro di Onisio, con testi e regia di Fiorenza Montanari.

Questo spettacolo di teatro ragazzi è ambientato nell’attuale cornice del flusso migratorio dal Sud America agli Stati Uniti, dove ancora oggi bambini disperati vengono messi in gabbia, dalle cui sbarre vedono il miraggio dell’abbondanza. Ecco che quello che nella favola originale è l’ignoto oltre il bosco diventa un muro, la casetta di marzapane un fast-food e la vecchia fattucchiera la Strega del Consumismo.

L’autrice così ce ne parla: “Hans detto “El Gretel” – dice Fiorenza Montanari- è una moderna trasposizione della nota favola Hansel e Gretel lungo il confine tra Messico e Stati Uniti, dove al centro della storia vi è un muro. (…) E laddove ci sono muri – interpersonali, fisici – ci è impossibile rapportarci con l’altro. E se non ci possiamo mettere nei panni dell’altro, comprenderlo, viverlo, escludiamo da quei confini anche la felicità; e laddove escludiamo la felicità escludiamo la libertà. Diventiamo dei prigionieri ingabbiati dentro le mura dei confini, senza permettere gli interminati spazi della bellezza e della ricchezza, della differenza di colori che connota l’umanità. E dunque, rimaniamo senza eroi.”

Il racconto fa nascere domande su cos’è la libertà e la giustizia, sul perché nel mondo c’è chi non ha da mangiare, e sul perché si costruiscono muri, sia reali che virtuali, per tenere gli altri fuori dalle nostre vite.

“Ecco che Hansel e Gretel” continua Fiorenza Montanari “è, difatti, forse la favola per eccellenza della fame: di una fame, sì fisica – le briciole, la casetta di marzapane – così come vivono la fame i molti bambini e i loro familiari che si trovano al confine con gli Stati Uniti, ma è soprattutto una fame di conoscere l’altro, di mettersi nei panni dell’altro, e di far sì che non vengano mai più eretti muri che ci impediscano di apprezzare infiniti spazi, con i loro infiniti colori e gli infiniti altri che li vivono.”

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