Un giorno con la storia: la Caserma Guelfa accoglie il prof. Saturnino Loggi

di ALCEO LUCIDI

SAN BENEDETTO – Fortemente voluta dalle due amministrazioni di San Benedetto e Monteprandone, patrocinata dai comitati di quartiere rivieraschi Agraria, Fosso dei Galli, Mare, Sentina, Porto d’Ascoli Centro, Salaria, Ragnola, con il sostegno di Bim Tronto e Banca Picena Truentina, domenica 8 ottobre presso la storica sede Caserma Guelfa di Porto d’Ascoli – un tempo terra di confine e dogana tra il Regno delle Due Sicilie e lo Stato Pontificio –, lo storico Saturnino Loggi ha presentato, di fronte ad un folto e partecipe pubblico, il suo documentato e ponderoso Porto d’Ascoli e Monteprandone. Storia di un territorio ripubblicato dall’editore ascolano Cappelli.

Alla presenza delle autorità cittadine, dopo l’introduzione del documentarista sambenedettese Giuseppe Merlini, supportato dalla competente illustrazione del volume da parte della giornalista Laura Ripani del “Corriere Adriatico”, il prof. Loggi ha passato in rassegna le tappe fondamentali che strutturano ed innervano la narrazione del testo. Non l’opera di un romanziere o di un saggista, ma proprio di uno storico appassionato delle res locali, che ha costruito il tesoro di competenze e cognizioni in anni di studio, di meditata ricerca, attraverso la (ri)visitazione di fonti ed archivi.

In tutto questo Loggi è degno erede della tradizione storiografica di cui si è nutrita – e continua, seppure in tono minore, a nutrirsi – l”’epopea” sambenedettese, fatta di notevoli interpreti: Enrico Liburdi, Giuseppe Nepi, Otello Bizzarri, fino ai più vicini Ugo Marinangeli e Gabriele Cavezzi.

Saturnino ha respirato quell’aria; viene senz’altro dagli insegnamenti e le indicazioni di quel paio di formidabili generazioni e, sulla scia di uno dei suoi maestri, Padre Giuseppe Caselli – già parroco prevosto di Monteprandone, che cercò, alla fine degli anni Trenta del secolo scorso, anche se maniera non sempre filologica e sistematica, di mettere mano tra le carte sparse e le copiose materie di trattazione della storia del suo paese, riallacciate a quella della zona a sud di San Benedetto del Tronto –, ha portato un contributo decisivo e fondamentale nel fissare i termini di una storia del territorio dalle dimensioni ampissime.

Si va, in effetti, dal neolitico sino alle soglie del XXI secolo, passando per le invasioni, prima longobarde, poi franche (“Prandone” o “Brandone” fu probabilmente un cavaliere, venuto in Ascoli nel IX secolo, «al seguito di Carlo Magno», per liberare la Penisola dalla presenza dei Longobardi, su pressante invito dei papi, che fondò il castello da cui prese il nome il piccolo comune), per le dispute politiche e militari tra Fermo e Ascoli, con il predominio di quest’ultima sull’intera area, sotto le insegne guelfe, l’8 giugno 1292, in forza della volontà della stessa popolazione che voleva liberarsi dal gioco della «giurisdizione fermana» e dalla «tutela dell’abbazia di Farfa», per la conseguente creazione dello sbocco al mare nel 1297 a seguito dell’annessione del castello di Montecretaccio (Porto d’Ascoli) a Monteprandone, fino alla scissione amministrativa del 16 luglio 1935 (di cui sono ricorsi gli ottant’anni) «per decreto del Re Vittorio Emanuele III» e al sospirato ritorno del venerato San Giacomo della Marca nel luogo natio dalla chiesa di Santa Maria La Nova in Napoli. Annus Domini 2001.

Ora questo “libro di una vita”, più volte ritoccato dall’autore rispetto alla prima, lontana edizione del 1992, vero e proprio cantiere in fieri su cui si sono sedimentate le successive intuizioni ed analisi di Loggi, non poteva non presentarsi, in questa successiva pubblicazione, potenziato di ulteriori immagini, documenti, scoperte, insomma, di quel rinnovato apparato critico-storiografico, di cui l’intero organismo del volume è andato sostanziandosi nel tempo. Una sorta di cattedrale del sapere, edificata pietra dopo pietra, accresciuta o smussata a seconda dei casi, rimaneggiata, lasciata e poi ripresa non appena fossero intervenuti nuovi dati storicamente fondati a rilanciare il progetto.

Il metodo, rigorosamente fondato e multidisciplinare, è quello che ha sostenuto la fatica dei già ricordati Liburdi, Marinangeli, ma anche, successivamente, di un Gino Troli, di un Giuseppe Merlini, di una Maria Perla De Fazi, di un Federico Olivieri, un Umberto Polidori, un Sandro Sciarra o, da un punto di vista più prettamente linguistico, un Demetrio Ferri. Anche se io aggiungerei, a tale schiera, l’opera imprescindibile, soprattutto in termini di aperture teoriche, di Sergio Anselmi che, anche nel nostro territorio, da storico dell’economia, impiantato ad Ancona (dove insegnò nella prestigiosa università), lasciò risuonare la sua voce.

La poderosa ricostruzione del prof. Loggi, resa in una scrittura nitida e sapida allo stesso tempo, deve molto a questi illustri precorritori, pur restando – nelle nostre terre – un vero primato, tutto costruito, alla luce di una disamina scrupolosa, senza sbavature, cronologicamente precisa e fondata, sull’esclusiva ricognizione di una ferrea documentazione.

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