Lettere al Direttore / Che cosa sono i fondi europei

di Tonino Armata

SAN BENEDETTO –  Gentile direttore, i fondi che l’Unione europea destina ai paesi hanno lo scopo di aiutare le regioni meno sviluppate ad avvicinarsi alla media europea e ridurre gli squilibri interni ai paesi, a livello economico e sociale, per esempio attraverso un’omogenea crescita economica e il miglioramento della qualità della vita dei cittadini in tutte le regioni. Dunque, tempistiche più efficienti e una programmazione più coesa tra le regioni potrebbero aiutare nella spesa dei fondi.

In particolare, considerato il delicato periodo che l’Italia sta attraversando, i fondi strutturali e quelli provenienti dal piano Next generation Eu potrebbero essere la chiave per una ripresa economica e sociale più rapida. Peraltro, la corte europea ha dichiarato in un suo documento che una delle cause del lento ritmo di assorbimento dei fondi europei da parte dell’Italia è l’avvio tardivo dei programmi di investimento.

I fondi europei sono 5: Fesr, Fse, Fc, Feasr, Feamp. Questi finanziamenti europei servono per rafforzare la coesione economica, sociale e territoriale riducendo il divario fra le regioni più avanzate e quelle in ritardo di sviluppo.

fondi strutturali e d’investimento (fondi Sie), meglio noti come fondi europei, sono uno dei principali strumenti finanziari per gestire la politica regionale dell’Unione europea. L’obiettivo principale dei fondi è di sostenere gli investimenti per lo sviluppo economico, la crescita sostenibile e una riduzione dei gap tra paesi e all’interno di questi.

Le risorse previste dai fondi vengono distribuite con una programmazione settennale all’interno del bilancio europeo, approvato dai paesi membri e dal parlamento Ue. Il quadro finanziario pluriennale (Qfp) è un documento di programmazione di investimenti europei suddiviso per categoria di spesa. Nel bilancio viene pianificata la ripartizione dei fondi Sie.

La gestione dei fondi è concorrente: circa tre quarti vengono allocati dai paesi attraverso accordi di partenariato, in collaborazione con la commissione europea, mentre una parte residuale viene gestita direttamente dall’Unione. Nel documento sono specificate le misure da adottare nei sette anni successivi in base alla ripartizione dei finanziamenti europei.

I fondi europei principali sono cinque e per il settennato 2014-2020 ammontavano a circa 640 miliardi di euro:

  1. Fondo europeo di sviluppo regionale (Fesr): serve a correggere gli squilibri fra le regioni e a promuovere uno sviluppo equilibrato nelle diverse regioni dell’Ue. Interviene in diverse aree, per esempio nell’innovazione e ricerca e nel sostegno alle piccole e medie imprese (Pmi). Nel bilancio 2014-2020 sono stati stanziati in totale 277 miliardi di euro.
  2. Fondo sociale europeo (Fse): sostiene i progetti che riguardano l’incentivo all’occupazione in tutta Europa e investe nel capitale umano europeo: nei lavoratori, nei giovani e in tutti coloro che cercano un lavoro. Nell’ultimo bilancio pluriennale sono stati stanziati 120,6 miliardi di cui 8,8 miliardi di euro alla youth employement initiative (Yei).
  3. Fondo di coesione (Fc):  sostiene i settori del trasporto e dell’ambiente. In particolar modo, ricevono questo finanziamento solo i paesi cui reddito nazionale lordo (Rnl) pro capite è inferiore al 90% della media Ue, quindi non tutti i paesi lo ricevono. Nel settennato 2014-2020 sono inclusi: Bulgaria, Croazia, Cipro, Repubblica Ceca, Estonia, Grecia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia, Portogallo, Romania, Slovacchia e Slovenia. Per questi paesi sono stati stanziati 73,3 miliardi di euro.
  4. Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (Feasr): sono finanziamenti che alimentano la politica agricola comune (Pac) e servono per promuovere la competitività dell’agricoltura nell’Ue. La Pac si propone anche di assicurare la gestione sostenibile delle risorse naturali, la salvaguardia climatica e di raggiungere un sviluppo territoriale equilibrato delle economie e comunità rurali. Nello scorso bilancio sono stati stanziati 150,2 miliardi di euro per questo fondo.
  5. Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca (Feamp): sono fondi mirati alla politica comune della pesca (Cfp), che mira ad aiutare i pescatori nella transizione verso una pesca sostenibile e a diversificare le economie delle comunità costiere. Per il periodo 2014-2020, il fondo ammontava a poco meno di 8 miliardi di euro.

Oltre alla discrepanza notevole delle somme previste, dovute a fattori economici nazionali, vi è una sostanziale differenza nella percentuale di soldi spesi. Dai dati europei sulle politiche di coesione si può calcolare la quota di soldi spesi da ciascuno stato sul totale dei soldi programmati. Tra i più virtuosi, ossia coloro che hanno speso la maggior parte dei finanziamenti europei ricevuti, ci sono diversi paesi del nord Europa.

Al primo posto la Finlandia (77%), segue il Lussemburgo (73%), l’Austria (67%), l’Irlanda, i Paesi Bassi e la Svezia (tutti e tre a quota 63%). Questi paesi sono anche tra quelli che hanno ricevuto una quota minore dei fondi strutturali: tutti e sei si collocano nella seconda metà della classifica. All’estremo opposto, invece, si trovano Italia (43%), Slovacchia (42%) e Spagna (36%).

L’Italia e la Spagna, con rispettivamente 72 miliardi e 56 miliardi, sono anche i paesi a cui sono stati stanziati più fondi dopo la Polonia. Non sono gli unici: anche Romania, Croazia, Belgio, Grecia, Danimarca e Bulgaria spendono meno della metà di quello che è stato loro assegnato negli accordi di partenariato con la Ue.

Come è emerso dai dati, ci sono paesi che spendono in maniera limitata i fondi europei che hanno a disposizione. Finanziamenti, questi, che così rischiano di restare inutilizzati. In particolare, dal caso italiano emerge una fotografia preoccupante. Infatti, come viene sottolineato nel documento preparatorio per l’accordo di partenariato 2014-2020, l’Italia soffre di una debolezza amministrativa.

Le difficoltà nella programmazione degli interventi e nell’implementazione dei processi amministrativi sono le cause che più di frequente creano ritardi. Inoltre, tra le regioni italiane ci sono delle differenze nei programmi

Significativamente, i programmi delle Regioni meno sviluppate (Campania, Calabria e Sicilia) sono proprio quelli che hanno registrato i massimi ritardi in termini d’attuazione e i principali problemi in termini di capacità.

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